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ma niente caos a Poste e Caf

RdC al via senza caos
Poca fila a Poste e Caf
Di Maio: "È una rivoluzione"

Sono 5 milioni i potenziali richiedenti

Da aprile le prime risposte dall'Inps

di Federico Marconi06 Marzo 2019
06 Marzo 2019

Primo giorno per fare richiesta del reddito di cittadinanza presso l'ufficio postale centrale in via Alfieri, Torino, 6 marzo 2019. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Gli italiani non hanno fretta di “abolire la povertà”. Nessun caos, nessuna folla, nessun assalto, agli sportelli di Poste e Caf dove da questa mattina è possibile fare richiesta per il reddito di cittadinanza. La giornata si è aperta con l’entusiasta dichiarazione del leader 5 Stelle e vicepremier Luigi Di Maio: “Oggi manteniamo una promessa, è una rivoluzione”. Ma l’accoglienza della misura simbolo dei pentastellati è – al momento – tiepida.

Sono 5 milioni – secondo le stime del governo – le persone che potranno richiedere il reddito. Di questi, stando all’Inps, il 48% saranno single, il 12% invece gli stranieri. Solo il 28% di chi potrà accedere al reddito di cittadinanza risiede al Nord.

La domanda potrà essere presentata alle Poste e ai Caf, mentre il modulo di richiesta di accredito potrà essere compilato online sul sito dell’Inps. Tre sono i requisiti necessari per l’accettazione della domanda: Isee inferiore a 9.360 euro, una seconda casa di valore non superiore a 30mila euro e un conto in banca fino a 6mila euro. Una volta inviata, l’Inps avrà cinque giorni per verificare la domanda (le prime risposte però arriveranno dal 15 aprile). In caso positivo, l’istituto di previdenza comunicherà alle Poste l’importo da caricare sulla carta prepagata.

Si dovrà anche firmare il Patto di lavoro, su cui si risponderà alle offerte di collocamento (a 250km dal luogo di residenza nei primi 18 mesi, poi in tutta Italia). Dopo un anno e mezzo il reddito di cittadinanza può essere rinnovato dopo la sospensione di un mese, a meno che non si sia trovato lavoro.

A questo compito sono destinati i navigator. Ma per questi manca ancora l’intesa governo-Regioni, che non vogliono vedersi scaricare altri 6mila precari dallo Stato. Per questo Di Maio ha “rilanciato” a 4500, ma i governatori vedono minacciate le loro prerogative in materia di collocamento e minacciano ricorsi fino alla Corte costituzionale.

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