Cinquantuno enti locali sciolti in un anno, mai così tanti da quasi 30 anni: sono dati preoccupanti quelli emersi della Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia al parlamento. Record negativo, che ci riporta al 1991, anno di introduzione della normativa sullo scioglimento per mafia delle pubbliche amministrazioni. Nel 2019 sono stati sciolti 20 consigli comunali e 2 aziende sanitarie provinciali, che si sono aggiunti alle 29 amministrazioni ancora in fase di commissariamento. Dei 51 Enti, 25 sono in Calabria, 12 in Sicilia, 8 in Puglia, 5 in Campania e uno in Basilicata. Ai 51 già indicati nella Relazione precedente se ne sono aggiunti altri 6, tra cui quello di Saint Pierre in Valle d’Aosta, il primo in assoluto in questa regione, che dimostra come la criminalità ormai si sia inserita nel tessuto connettivo di tutta la penisola.
L’infiltrazione negli Enti locali, dicono gli analisti, “si conferma come irrinunciabile” per le organizzazioni criminali: perché attraverso i funzionari pubblici le cosche riescono a mettere le mani sulle risorse della pubblica amministrazione e perché ciò gli consente di rendersi “irriconoscibili, di mimetizzare la loro natura mafiosa riuscendo addirittura a farsi ‘apprezzare’ per affidabilità imprenditoriale”. Ed è quest’ultima la “leva” che, soprattutto nelle regioni del Nord, attrae decine di professionisti e imprenditori che si “propongono alle cosche”.
Dei 51 Enti, 16 sono stati sciolti più volte, fatto che conferma, spiega la Dia, “una continuità nell’azione di condizionamento delle organizzazioni mafiose in grado di perpetuarsi per decenni e a prescindere dal posizionamento politico dei candidati”. “Emerge in tutta evidenza – proseguono gli investigatori – come le organizzazioni mafiose abbiano l’assoluta necessità di infiltrare la pubblica amministrazione. Questo consente loro di ottenere consenso sociale nei più svariati modi, dalle assunzioni alle sovvenzioni fino alla mancata riscossione dei canoni, di garantirsi appoggio politico, appalti e servizi pubblici, lucrando sulle risorse naturali e sulle peculiarità produttive che il territorio riesce ad esprimere”.
Alla luce della situazione, la Dia invita tutte le istituzioni ad un “riflessione” e a mettere in campo una strategia di prevenzione e contrasto “ancora più efficace”, specie ora che si possono verificare gli effetti sul piano economico dell’inserimento delle mafie dopo il Covid”: sarà infatti la P.A., dopo le aziende, “la più esposta agli interessi delle organizzazioni criminali, a partire proprio dai Comuni che potrebbero beneficiare di forti somme di denaro”.