“La Chiesa è la Sposa di Cristo. È quanto il nostro celibato non smette di ricordare al mondo”. Benedetto XVI dice la sua sulla possibilità di estendere il sacerdozio ai laici sposati, i cosiddetti “viri probati”. Le parole del Papa emerito a tutela del celibato emergono da un’anticipazione, pubblicata dal quotidiano Le Figaro, del libro che Joseph Ratzinger ha scritto a 4 mani con il cardinale Robert Sarah, intitolato “Le parole del nostro cuore”, in uscita mercoledì in Francia. In Italia, invece, arriverà in libreria solo a fine mese.
Parole, con cui Benedetto XVI definisce il celibato “indispensabile”, che non sono solo un monito all’osservanza della dottrina cattolica, ma che cozzano con quelle scritte sul testo stilato lo scorso ottobre, al termine del Sinodo sull’Amazzonia. In quell’occasione, per la prima volta in un testo della Chiesa, è comparsa la proposta che a prendere i voti, nelle zone più remote del mondo, possano essere uomini che “abbiano un diaconato permanente, fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato, potendo avere una famiglia costituita e stabile”.
Una possibilità che Papa Francesco aveva in qualche modo anticipato prima del Sinodo, aprendo all’eventualità che i laici potessero quantomeno in quelle zone, amministrare i sacramenti. La questione del celibato segna da secoli la storia della cristianità.
Nella Chiesa cattolica, in verità, esistono già figure di prelati sposati. L’obbligo dell’astinenza non vale infatti per le Chiese cattoliche di rito orientale, dove i preti possono prendere i voti anche dopo sposati.
Si rischia “l’incidente diplomatico” tra i due Pontefici, da anni dipinti dalla pubblicistica, come incarnazione di due correnti politiche interne al clero, in una battaglia tra conservatori e progressisti. Adesso toccherà a Francesco fare chiarezza sulla questione, attraverso l’esortazione post-sinodale attesa nei prossimi mesi, che potrebbe smarcare il Vaticano da una scomoda impasse.