Uno stretto legame tra mafia e massoneria. È questo il fulcro della relazione di Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, che chiude l’inchiesta sulla Massoneria presentata oggi. «Da parte delle associazioni massoniche si è registrata una sorta di arrendevolezza nei confronti della mafia», si legge nelle carte.
“Amicizia” di lunga data– Il tema del rapporto tra mafie e massoni non è per niente nuovo, ma affiora in molte delle inchieste giudiziarie degli ultimi anni. La maggioranza di casi si presenta in Sicilia e in Calabria «sia con vicende criminali tipicamente mafiose, sia con vicende legate a fenomeni di condizionamento dell’azione dei pubblici poteri a sfondo di corruzione». La Commissione ha voluto precisare che l’argomento è affiorato drammaticamente in occasione delle audizioni effettuate a Trapani e a Palermo lo scorso anno, relative alla latitanza di Matteo Messina Denaro. Nel comune di Castelvetrano, in provincia di Trapani, paese originario del boss, sono presenti sei logge “massoniche” sulle diciannove ritenute tali dell’intera provincia, e nell’amministrazione comunale nel 2016, quattro assessori su cinque e sette consiglieri su trenta, erano massoni.
I numeri– Dei circa 17mila iscritti alle quattro obbedienze, la maggior parte sono liberi professionisti: avvocati, medici, ingegneri e commercialisti. Molti però appartengono anche alle forze dell’ordine. Ci sono poi i classici imprenditori e politici. Sono 193 i massoni condannati o iscritti in procedimenti penali secondo la DnAA (Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo). Per questo motivo la Commissione ha chiesto di «modernizzare la legge Spadolini-Anselmi» facendo luce su tutte le associazioni segrete che «anche quando perseguono fini leciti, sono vietate in quanto tali perché pericolose per la realizzazione dei principi di democrazia». L’Antimafia suggerisce inoltre di estendere a magistrati, militari di carriera in servizio attivo e agenti di polizia «il divieto ad aderire ad associazioni che richiedano, per l’adesione, la prestazione di un giuramento che contrasti con i doveri d’ufficio».