Un volume d’affari di quasi 22 miliardi di euro . E’ la stima che emerge dal Rapporto Agromafie 2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare. Il dato, largamente per difetto, non considera le attività economiche e finanziarie di cui la criminalità si sta avvalendo sempre più frequentemente grazie alla globalizzazione.
Sul fronte della filiera agroalimentare – spiega la Coldiretti -, le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati , l’esportazione e la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding ( il patrimonio brevettuale ufficiale italiano), la creazione ex novo di reti di smercio al minuto.
Nel 2016 si è registrata un’impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo nostrano. I furti di attrezzature agricole, gasolio, rame, animali hanno ormai cadenza quotidiana. Si tratta di veri e propri raid con furti di interi carichi di olio o frutta, depositi di vino o altri prodotti come file di alveari, intere mandrie o trattori caricati su rimorchi di grandi dimensioni, in grado di mettere in ginocchio le aziende di piccole e medie dimensioni.
A questi reati contro l’agricoltura, secondo il Rapporto, si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i nostri fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i secondi da indiani e pakistani che controllano ormai gran parte delle rivendite attive sul territorio.
«Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono centinaia e migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma soprattutto con la trasparenza e l’informazione» ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo. Gli ha fatto eco il presidente del Csm Giovanni Legnini, sottolineando la necessità di «strumenti di repressione e contrasto che tendano ad una dimensione sovranazionale».