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HomeCultura Rapidità ed efficienza: la missione di Soundreef, sfidante del colosso Siae

Rapidità ed efficienza
la missione di Soundreef
che sfida il colosso Siae

Il fondatore Davide D'Atri a LumsaNews

svela le strategie della sua società

di Christian Dalenz26 Gennaio 2018
26 Gennaio 2018

Si descrive come un Davide che combatte contro Golia. Davide è anche il suo nome di battesimo, mentre il suo cognome è D’Atri. Golia è invece la Siae, il colosso pubblico nella tutela dei diritti d’autore. Da molto tempo D’Atri si occupa di questo settore. Si è laureato a Londra con una tesi sull’argomento. E sempre nella capitale inglese ha creato BeatPick, società che compra e vende pezzi elettronici per la musica di sottofondo. Il progetto di Soundreef, di cui è fondatore e amministratore delegato, è partito nel 2011. Per farlo crescere, Davide D’Atri è riuscito a farsi finanziare dalla Vam Investments e dall’università Luiss di Roma.

In questa intervista ho cercato di confrontarmi con lui anche su temi emersi da quella che feci a Andrea Tonoli.

[vai all’inchiesta generale sulla tutela del diritto d’autore musicale]

Di solito quando si è fatta una liberalizzazione in Italia, si sono separate rete e monopolista pubblico per agevolare l’ingresso nel mercato dei competitori privati. Ritiene che anche nel caso della tutela dei diritti d’autore si potrebbe fare qualcosa del genere?

Sì, servirebbe un ente in grado di agevolare i privati, consentendogli di lavorare meglio con i piccoli distributori di musica, come bar e locali. Speriamo che l’Agcom dica qualcosa in proposito. Ma per radio, tv e grandi organizzatori il problema non si pone. In questi casi non c’è bisogno di un controllo capillare, considerando che in tutto parliamo di 50 soggetti in totale per quanto riguarda l’Italia. Riusciamo da soli a lavorare con queste entità e a tutelare gli artisti.

Ad ogni modo, siamo disponibili a collaborare con un eventuale ente solo se ci darà la possibilità di distribuire le royalties in maniera rapida ed efficiente. Inizialmente avevamo proposto alla Siae di raccoglierle per conto nostro, ma non è stato possibile perché non ci garantivano un buon servizio.

Perché non avete più permesso ai vostri artisti di farsi tutelare anche da altre società, come accadeva in precedenza?

L’accordo non esclusivo era garantito solo da Soundreef mentre le altre collecting society europee si comportavano diversamente. Di conseguenza ciò portava a conflitti e a confusione per gli artisti, e abbiamo perciò deciso di cambiare le nostre condizioni. Solo gli autori americani continuano ad avere una possibilità di accordo non esclusivo con noi. Per differenti tipologie di diritti si possono ancora avere più garanti. Per esempio si possono tutelare le canzoni trasmesse da radio e tv con Soundreef e quelle eseguite dal vivo con Siae. Ma non lo stesso diritto con più società.

Perché vi siete affidati alla spagnola SafeCreative per la tutela dal plagio e non a Patamu, con cui sembrava esserci una partnership ai vostri esordi?

SafeCreative ci è sembrata una compagnia molto solida, secondo noi è la migliore in Europa nel settore. Patamu non ci garantisce lo stesso servizio in termini di qualità tecnologica e di possibilità di lavoro all’estero.

Riuscite a garantire una buona gestione dei diritti anche all’estero?

Dobbiamo fare un passo alla volta, con umiltà. Abbiamo appena stipulato un accordo con la Siae svizzera, siamo riconosciuti in Inghilterra e abbiamo un accordo con Youtube. Posso garantire che i nostri artisti non hanno mai perso un euro quando hanno suonato all’estero. Qualora succedesse, li rimborseremmo. Addirittura alcuni hanno ricevuto le royalties prima di finire i loro tour, alcuni dei quali svolti in dieci diversi paesi.

Inoltre il nostro customer service segue l’artista in tutti i paesi in cui va. Siamo noi a far compilare il borderò digitale a chi deve farlo. L’artista non deve preoccuparsi di questo aspetto.

Come state lavorando per promuovere la cultura?

Stiamo elaborando con Lea dei progetti che avranno un impatto sui giovani autori. Ci interessa in particolare lavorare sulle periferie. È presto per dire quando riusciremo a partire e non so se ce la faremo nel 2018. Puntiamo comunque a raccogliere risultati sul territorio nei prossimi diciotto mesi.

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