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Crisi editoria. Dopo 60 anni chiude Il Tempo Abruzzo: è stato il primo giornale di Vespa e Letta

di Valerio Dardanelli17 Settembre 2014
17 Settembre 2014

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Il Tempo Abruzzo ha le ore contate. Dal prossimo 13 ottobre chiuderà i battenti. Come ha annunciato il presidente del Consiglio regionale Giuseppe Di Pangrazio «tutti i giornalisti saranno posti in cassa integrazione a zero ore». Scomparirà così la storica edizione abruzzese del quotidiano romano che aveva visto muovere i primi passi a Gianni Letta e Bruno Vespa. Il giornale, dopo aver chiuso le redazioni a Campobasso, Isernia e Termoli, rinuncia così anche a Pescara. Di Pangrazio si è detto amareggiato per l’evoluzione della vicenda: «Si sta per consumare un grave danno non solo al pluralismo dell’informazione ma anche al ruolo che Il Tempo ha rivestito in questi 60 anni di presenza nella nostra regione, contribuendo a creare quell’identità comune tra abruzzesi della costa e delle aree interne».

Anche Il Messaggero non naviga in acque tranquille: la redazione dell’Aquila rischia di essere dismessa. Di Pangrazio ha presentato un’interrogazione al presidente del Consiglio Matteo Renzi per sollecitare un incontro con le proprietà dei quotidiani in questione al fine di individuare un percorso alternativo e più virtuoso. In una nota, Di Pangrazio ha auspicato che la redazione dell’Aquila possa essere salvata: «La sua chiusura sarebbe un colpo mortale all’informazione in un territorio già ferito dal terremoto e in cui la sentinella dei giornalisti deve rimanere costantemente in allerta per raccontare e denunciare i fatti della ricostruzione».

In realtà il Governo si sta occupando della crisi dell’editoria: è stato infatti deciso uno stanziamento di 120 milioni di euro al fine di facilitare, in quattro anni, l’assunzione di nuovo personale di giovane età a tempo indeterminato e il ricambio professionale. Ma la rappresentanza sindacale del Messaggero, tramite un comunicato, si è detta perplessa sulle reali intenzioni degli editori: «Bisogna vigilare affinché questi fondi vengano utilizzati per il fine per il quale sono stati creati e non per rimettere a posto i bilanci».              

Valerio Dardanelli

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