“Poco prima di morire – già gravemente malato – ha chiamato Franco, l’uomo che tutte le mattine faceva le pulizie nel suo appartamento. Gli ha posto una mano sulla testa e l’ha benedetto. Si è ricordato di salutare e ringraziare una persona umile”. Con queste poche parole, Gian Franco Svidercoschi, vaticanista e scrittore, ricorda Papa Giovanni Paolo II.
A quindici anni dalla sua morte, il Papa “polacco”, canonizzato nel 2014 da Papa Francesco, si è cristallizzato nella mente della gente come uno dei primi Pontefici del popolo. “Era un Uomo. Un uomo con la grande fede, e di preghiera. Ti guardava in faccia” – continua Svidercoschi, che ha lo ha seguito per tutti gli anni del Suo pontificato. “Questo rapporto che aveva con Dio era incredibile”.
In che senso?
“Una volta era a tavola – mi ha raccontato il cardinale Camillo Ruini – stava mangiando. Doveva ricevere una telefonata dal presidente americano George Bush, e ha detto: «Scusate un attimo, devo andare a pregare». Pregava prima, in vista anche di quella telefonata. Era un uomo che aveva questa sorta di distacco, era contemplativo. Guardava la storia con gli occhi di Dio”.
Un Papa che ha portato molte novità nella Chiesa.
“Sì, la prima volta di un Papa che è andato in una sinagoga ed in una moschea; primo Papa che ha riunito ad Assisi i rappresentati di tutte le Chiese e le religioni del mondo. Il primo Papa che ha stabilito un rapporto con i giovani, decidendo di organizzare le giornate mondiali della gioventù. Un Papa che ha insegnato veramente cos’è il perdono”.
Si riferisce all’attentato del maggio 1981?
“Sì, ai tre colpi di pistola sparati in piazza San Pietro il 13 maggio da Mehmet Ali Ağca. Lui ha perdonato il turco, ma uno dei crucci che si è portato nella tomba è stato quello di non aver sentito una richiesta di perdono da parte sua. Perché il Papa nel 1983 – due anni dopo – andò a trovare il suo attentatore in carcere e la prima cosa che il attentatore gli disse – stringendogli la mano con quella mano destra con cui gli aveva sparato – fu: «Ma lei perché non è morto? Io ho sparato come dovevo!». «Una mano mi ha salvato», gli ha risposto Wojtyla”.
Giovanni Paolo II è il primo Pontefice straniero dopo 455 anni. Cosa è successo in Conclave?
“I candidati a diventare Vescovo di Roma erano i due cardinali italiani Giovanni Benelli e Giuseppe Siri. Ma fra loro non si riusciva a raggiungere la maggioranza da una parte e dall’altra. Fu il cardinale Franz König di Vienna a fare pubblicità a Karol Wojtyla. C’è da dire poi un’altra cosa: il porporato Siri prima del conclave faceva campagna elettorale, si dava molto da fare. Ebbe la cattiva idea di lasciare un’intervista a un nostro collega della Gazzetta del Popolo, che gli fece la promessa che avrebbe pubblicato il pezzo due giorni dopo l’apertura del conclave. E invece il cronista l’ha pubblicata la mattina in cui iniziava”.
E cosa dichiarava in questa intervista?
“Lui sparava a zero contro il Concilio. Ma la Gazzetta del Popolo arrivava col treno a Roma, e quindi in tarda mattinata, o primo pomeriggio. Però sapendo di aver fatto un scoop, il giornalista ha dato all’Ansa una ventina di righe di riassunto la sera prima. L’Ansa l’ha passata verso mezzanotte e nessun giornale ci ha fatto caso. Io invece ero in tipografia al giornale Il Tempo. L’usciere mi ha dato un malloppo di agenzie, e io per caso ho notato questa. L’ho riferito al direttore Gianni Letta, e abbiamo messo il richiamo in prima pagina”.
E quindi?
“La mattina dopo hanno inserito l’articolo fotocopiato nelle cartelle di tutti i centoundici elettori. E quindi questo ha probabilmente bruciato il cardinale Siri. Tant’è che la sua segreteria ha poi sempre negato interviste a Il Tempo, perché – dicevano – «è il giornale che ha fatto saltare il pontificato al cardinale»”.
Tornando a Giovanni Paolo II, ha impiegato poco tempo a entrare nel cuore della gente.
“Esatto. Ha colpito tutti dalla prima frase che ha pronunciato davanti al mondo: quel famoso Se sbaglio, mi corrigirete. E poi la sua forza durante la malattia, il parkinson che l’ha iniziato a colpire dal 1991: non ha abbandonato la Croce, e la gente l’ha sentito”.
Migliaia di persone da tutto il mondo infatti si sono recate a Roma per partecipare al suo funerale.
“Non solo: per mesi ci sono stati pellegrinaggi alla sua tomba. Era come un papà, per tutti. Quando è venuto a mancare, se ne è andato un pezzetto di tutti noi”.