Riccardo Noury è il portavoce e il direttore della comunicazione di Amnesty International Italia, organizzazione non governativa in prima linea nella difesa dei diritti umani. Amnesty si è mossa attivamente sul tema dei diritti dei lavoratori stranieri impegnati nella costruzione degli stadi in Qatar, a partire dal momento dell’assegnazione al Paese dei Mondiali del 2022.
Negli ultimi anni Amnesty International ha più volte denunciato le condizioni estreme dei lavoratori impiegati nella costruzione di stadi e infrastrutture in vista dei Mondiali in Qatar. Qual è la situazione attuale? Le riforme promosse dal Paese negli ultimi anni, tra cui l’addio alla kafala, vengono attuate concretamente?
“La situazione è migliorata rispetto ai primi anni successivi all’assegnazione dei Mondiali 2022 al Qatar, anche se si è interrotto il percorso di riforme iniziato più o meno intorno al 2017. Oggi possiamo dire che le cause di fondo del trattamento crudele inflitto ai lavoratori migranti arrivati in Qatar per i Mondiali del 2022 ci sono ancora tutte, compresa la kafala che, sebbene formalmente abolita, comunque rimane. Resta inoltre irrisolto il tema delle compensazioni per i mancati versamenti dei salari e il divieto di costituire sindacati dei lavoratori in quel settore specifico”.
Quindi dei passi avanti sono stati fatti, ma la strada è ancora abbastanza lunga…
“Sì, perché se le riforme non vengono attuate restano semplicemente delle parole su un pezzo di carta. L’abolizione della kafala avrebbe dovuto rendere liberi i lavoratori di cambiare impiego e anche di lasciare il Paese. Al contrario, ha dato vita a un mercato dei nulla osta con cui il datore di lavoro accetta che il suo dipendente lo abbandoni. Si tratta di un mercato che, per i costi che hanno i certificati grazie ai quali si può cambiare lavoro, tende a escludere la possibilità che questo possa accadere. Sono stati istituiti degli organismi per risolvere le controversie sul lavoro, ma procedono molto a rilento e ci sono ancora numerose citazioni di salari non corrisposti che devono essere affrontate”.
Amnesty International ha chiesto più volte un intervento diretto sia delle autorità qatarine che della Fifa per fermare le morti e migliorare le condizioni dei lavoratori. Ci sono state risposte concrete?
“Dal momento dell’assegnazione dei Mondiali 2022 al Qatar, Amnesty International ha pubblicato rapporti regolari, in media uno all’anno, e, negli ultimi anni, anche i cosiddetti Reality Check per verificare l’attuazione delle riforme promosse dalle autorità del Qatar. L’interlocuzione formalmente c’è stata, ma il tema delle migliaia di morti di lavoro nel settore della costruzione delle strutture per i Mondiali rimane un enorme problema. Le autorità del Qatar non chiariscono le circostanze dei decessi. Non vengono fatte autopsie e non si danno risarcimenti ai familiari delle vittime. La Fifa con Gianni Infantino ha dato l’idea di occuparsi di più di questi temi, ma a sua volta pone un’eccessiva fiducia nel comitato organizzatore dei Mondiali. Ci sono stati casi denunciati da Amnesty International di stipendi non versati per diversi mesi e la Fifa ha detto di non saperne nulla perché il comitato organizzatore non l’aveva informata. C’è un meccanismo di comunicazioni che non funziona o non si vuole far funzionare”.
Cosa crede che accadrà ai lavoratori durante i Mondiali?
“Quello che succederà per il futuro dipende strettamente da quello che si farà in questi mesi. Se li utilizzeremo per continuare a parlare del tema del lavoro migrante in Qatar, allora i Mondiali lasceranno un’eredità positiva”.