La Russia sta vivendo una situazione delicata ai confini con l’Ucraina, ma anche al suo interno. In politica interna, proprio oggi, la sentenza del tribunale distrettuale Basmanny di Mosca ha sancito gli arresti domiciliari per Alexey Navalny, il leader del fronte russo anti- Putin, fermato il 26 febbraio durante la protesta dei militanti contro la carcerazione di otto colleghi attivisti. Mentre in politica estera sono chiari i messaggi recapitati in questi giorni: le prove di forza nel golfo di Odessa ricordano al mondo le possibilità militari russe, e anzi forzano i confini diplomatici degli accordi internazionali sulle manovre dell’esercito russo nel Mar Nero; a Mosca Putin ha chiesto a 150mila soldati di tenersi pronti per eventuali mosse in Ucraina, mentre da giorni decine di caccia sorvolano i confini russi.
A far vacillare gli equilibri internazionali non sono i fatti, ma piuttosto le parole, soprattutto se sono di Rassmussen: “Sono preoccupato per gli sviluppi in Crimea. Sollecito la Russia a non intraprendere azioni che possano accrescere la tensione o creare equivoci” , aveva twittato il segretario generale della Nato. Immediata la reazione russa, per bocca del ministro degli esteri Serghej Lavrov: “Se la Nato comincia a parlare della situazione in Ucraina, manda un segnale sbagliato.”
Le dichiarazioni si moltiplicano e arrivano anche da Chuck Hagel, segretario Usa alla Difesa: “La Russia sia trasparente sulle esercitazioni militari al confine ucraino e non compia azioni che potrebbero essere interpretate male”. Anche se probabilmente Putin intendeva solo mostrare i muscoli ed ergersi ad arbitro degli equilibri internazionali. E ci sta riuscendo.
Nel frattempo, dopo i disordini dei giorni scorsi, il parlamento regionale della Crimea annuncia un referendum per una maggiore autonomia da Kiev per il 25 maggio; immediata la risposta del governo centrale, nella figura di Oleksandr Turchynov, il presidente ad interim dell’Ucraina: “Ho dato ordine all’esercito di usare tutti i metodi necessari per proteggere i cittadini, punire i criminali e liberare gli edifici”. Chiarite le scelte politiche anche con la nomina a ministri degli “eroi di Piazza Maidan”, il nuovo governo di transizione precisa anche la linea economica con le parole di Arseny Yatseniuk: “Il nostro Paese è sull’orlo del collasso economico”, e soprattutto: “saremo costretti a prendere delle decisioni impopolari”. E alle richieste di fondi all’Europa risponde il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde: “Siamo pronti a rispondere”.
Stacchietti Nicola Maria