Cristiana Pelliccetti coordina lo Sportello legale di “Progetto Diritti” al Pigneto, Roma. Ha una lunga esperienza come operatrice per migranti, richiedenti asilo e rifugiati.
Che tipo di rapporto avete con l’Ufficio Immigrazione?
“Abbiamo instaurato da anni con l’Ufficio Immigrazione un rapporto di collaborazione che permette di valutare a voce i casi più vulnerabili. All’associazione arrivano persone mandate dalle Asl, dalle REMS, dagli ospedali psichiatrici. Soggetti fragili che hanno bisogno di un’attenzione e una cura specifiche”.
Che tipo di persone vengono a chiedere il vostro aiuto?
“Tante persone diverse, da tutto il mondo. C’è chi deve rinnovare i documenti, chi vorrebbe la cittadinanza, chi necessita di un permesso di soggiorno per lavoro o per motivi di famiglia. La parte più impegnativa riguarda i profughi che richiedono la protezione internazionale, perché è il tipo di protezione che viene chiesta di più. La richiesta a volte è strumentalizzata da chi non è profugo, perché si pensa di non avere altra scelta, e quindi si crea un sovraffolamento nelle richieste”.
Il problema del sovraffollamento è particolarmente sentito a Roma, come mai?
“Dipende dai tantissimi a Roma. Uno dei motivi è che alcune delle altre questure sul territorio nazionale pongono il limite del domicilio, per cui bisogna abitare nella provincia per fare richiesta. Alla Questura di Roma invece questa condizione non serve, quindi vengono tutti qua. Succede anche quando l’Ufficio trova modi per migliorare la situazione: per un periodo davano gli appuntamenti a tutti, così anche chi si faceva la notte fuori andava via con una data fissata. Poi si è sparsa la voce di questo sistema e le persone hanno cominciato a venire a Roma proprio perché era più vantaggioso”.
E in tutto questo chi ha diritto alla protezione internazionale?
“Il lavoro delle associazioni come questa è importante, perché assicura delle garanzie sia ai profughi che si rivolgono a noi, sia alla pubblica amministrazione con cui ci interfacciamo. Andiamo all’Ufficio, parliamo direttamente con chi lavora lì, spieghiamo le situazioni. Garantiamo la validità legale di una richiesta ed evitiamo ai profughi di finire in un mucchio indistinto di richiedenti”.
Come descriverebbe il vostro lavoro?
“È un lavoro che ti riempie la vita. A me piace dedicare il mio tempo e le mie competenze agli ultimi tra gli ultimi. Quando ti accorgi che puoi aiutare nelle cose concrete, penso che non puoi non intervenire. Sbrogli una pratica, trovi il percorso giusto per ottenere dei documenti, instauri rapporti a volte di amicizia e così alla fine nel tuo piccolo cambi la vita di una persona”.