Otto morti, dodici feriti e l’America che torna a fare i conti con il terrorismo, a pochi passi da un luogo simbolo: il World Trade Center. Sayfullo Saipov, il ventinovenne uzbeko autore della strage, ha confessato di aver preparato l’azione per oltre un anno, e si è fieramente dichiarato un membro del sedicente Stato Islamico. Non un lupo solitario quindi, ma una pedina nella strategia di internazionalizzazione dell’Isis.
Scegliendo questo luogo l’attentatore richiama alla memoria collettiva l’11 settembre 2001, che torna come un filo conduttore, come spartiacque della storia contemporanea e, come afferma Antonio Ciaschi, docente di Geografia Economico-Politica all’università Lumsa di Roma, come punto di rottura di un equilibrio mondiale che quel giorno si è spezzato. “Questo equilibrio non ha ancora trovato una nuova stabilità, in una dinamica che dura ormai da quasi vent’anni”, sostiene. “In tutta questa storia”, continua il professore, “l’Europa ha ormai un ruolo di secondo piano e le grandi decisioni internazionali vengono prese al di fuori dei contesti europei”.
Una questione dunque di equilibri mondiali, dove l’internazionalizzazione del terrorismo di matrice islamica è uno degli elementi che, insieme all’emergere di nuove grandi potenze economiche, stanno cambiando la fisionomia del mondo che era emerso dopo la caduta del muro di Berlino. Un mondo dove il primo mondo aveva sconfitto il secondo e si era imposto come modello economico e culturale predominante.
Chiediamo al professore quale ruolo potrà avere l’Europa in questo equilibrio e, soprattutto, nella lotta al terrorismo. Ci risponde con una domanda a sua volta: “Quando un soggetto ha un ruolo in un periodo storico? Quando riesce ad esprimere, in quel momento, la massima innovazione tecnologica. Se c’è innovazione tecnologica c’è sviluppo ed hai un ruolo. L’Europa avrà un ruolo se riuscirà a produrre investimenti forti nell’innovazione, nella ricerca”.
Sulle interconnessioni tra multiculturalismo, immigrazione e radicalizzazione il Professore osserva: “Il problema è di natura culturale. Nella coesistenza tra culture diverse dobbiamo cercare di capire cosa abbiamo in comune, dobbiamo parlare lo stesso linguaggio, dobbiamo essere in grado attraverso scambi, formazione, di ragionare usando lo stesso linguaggio. E’ chiaro che si tratta di cose complicate, perché il diritto è diverso e le identità culturali anche. Va superato il concetto di altro e altrove. L’unico modo per combattere i radicalismi è isolarli nella loro non-cultura. Queste sono delle escrescenze fatte male che emergono da civiltà che hanno altre direzioni”.
L’analisi poi, prosegue Ciaschi, deve essere scevra da connotazioni politiche: “Il problema della cittadinanza è un problema complicato. La politica rincorre voti, quindi è fisiologico che si tirerà più a destra o più a sinistra per ragioni di consenso. Bisogna astrarsi dai giudizi politici e porre in primo piano quelli etici, culturali, di coesione. Non dimentichiamoci che la legge crea degli spazi geografici nuovi, altera degli equilibri”.