Dossier contro i pm nemici, viaggi, benefit e automobili di lusso. Così agivano, neanche troppo nell’ombra, i membri di due clan accusati di frode fiscale, reati contro la pubblica amministrazione e corruzione di atti giudiziari. Un’inchiesta congiunta tra la Procura di Roma e quella di Messina, ha così portato all’arresto di 15 persone. Tra loro, anche molti nomi illustri nel panorama giudiziario italiano: Piero Amara, avvocato di Augusta che contava tra i suoi clienti molte importanti aziende a livello internazionale e Giancarlo Longo, ex pm della procura di Siracusa.
Proprio il giudice Longo, che risulta sul libro paga di Amara e del suo socio, avrebbe preso una tangente di 88 mila euro in contanti e accettato in omaggio anche una vacanza a Dubai interamente spesata per lui e per la famiglia. Di particolare gravità anche la posizione dell’avvocato Amara, difensore di Eni nell’inchiesta che vedeva indagato amministratore delegato Claudio Descalzi, rinviato a giudizio, insieme ad altri undici persone, con l’accusa di corruzione internazionale per una presunta tangente da 1,3 miliardi di dollari per i diritti di sfruttamento di un giacimento petrolifero. Amara tentò di depistare le indagini presentando alla procura di Siracusa la testimonianza di un suo amico che denunciò un tentativo di sequestro da parte di persone che volevano estorcergli informazioni. Inoltre, i processi inquinati di Amara sarebbero stati determinanti nel consentire ai clienti di aggiudicarsi importanti contenziosi amministrativi davanti al Tar della Sicilia o al Cga.
Ricevuta una soffiata da parte di un collega, il giudice Longo, aveva tentato di scovare e neutralizzare alcune microspie posizionate nel suo ufficio dalla Guardia di Finanza. I filmati lo ritraggono mentre, in piedi sulla scrivania, perlustrava la stanza. Era riuscito anche a distruggere il proprio cellulare per impedire agli inquirenti di trovare le prove delle conversazioni con i suoi informatori.
Tra i reati contestati agli arrestati, associazione per delinquere, corruzione, falso, intralcio alla giustizia la sfilza di reati a vario titolo contestato agli indagati che, negli ultimi cinque anni, avrebbero pesantemente condizionato l’azione della giustizia sia in sede civile che penale.