Nel braccio di ferro tra Ue e Russia per le vicende dell’Ucraina, è finito nell’occhio del ciclone il magnate russo Arkadi Rotenberg, 62 anni, judoka e da sempre amico di Vladimir Putin, a cui sono stati sequestrati beni e attività posseduti in Italia per un valore di circa 30 milioni di euro. Tra i beni posti sotto sequestro vi sono il lussuoso Berg Luxury Hotel a Roma, due ville a Porto Cervo e una a Villasimius, un immobile a Tarquinia, altri nel Lazio, quote societarie e conti correnti bancari.
Il provvedimento, eseguito dai finanzieri del generale Giuseppe Bottillo, fa riferimento al regolamento n.269 del 2014 adottato dall’Unione Europea e consiste in “misure per prevenire, contrastare e reprimere il finanziamento del terrorismo e l’attività di Paesi che minacciano la pace e la sicurezza internazionale” e questo perché il magnate del settore dei gasdotti è il numero cinque nella black list compilata dalle autorità degli Stati Uniti e Ue. Il congelamento dei beni comporta il divieto di spostare, trasferire, alterare, utilizzare o gestire i beni o di accedere a essi in modo da modificarne il volume, l’importo, la collocazione, la proprietà, il possesso, la natura e la destinazione o di introdurre altri cambiamenti tali da consentire l’uso dei fondi in questione, compresa la gestione di portafoglio.
È una mossa che sicuramente scatenerà polemiche visto che alla fine di agosto lo stesso Putin aveva dichiarato: «Se Usa e Ue insisteranno con le sanzioni in relazione alla crisi ucraina, la Russia dovrà rivedere la presenza delle aziende americane ed europee nei settori strategici» della sua economia e in particolare dell’energia. Le sanzioni occidentali hanno lo scopo di colpire e indebolire i settori energetico, bancario e tecnologico, nonché, come accaduto allo stesso Rotenberg, i membri del “clan capitalista” di Putin. Proprio le aziende private avranno maggior difficoltà a finanziare le loro attività visti i costi più elevati dovuti all’assenza del capitale americano ed europeo. In tutta risposta, Mosca ha introdotto a sua volta delle contro-sanzioni, ma non hanno sortito l’effetto sperato, anzi. È stata una mossa fallimentare: i consumatori russi hanno visto aumentare del 20% il prezzo medio dei prodotti colpiti dalle restrizioni, senza andare minimamente a incidere su quanto esportato in Russia. Le esportazioni italiane nell’agroalimentare, ad esempio, che l’anno scorso raggiunsero la cifra record di 706 milioni di euro, hanno avuto nel primo semestre del 2014 un incremento dell’1%.
Renato Paone