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Priebke, continua il pellegrinaggio della salma. Via da pratica di mare, destinazione ignota. La Germania respinge al mittente le richieste dell’Italia

di Carlo Di Foggia17 Ottobre 2013
17 Ottobre 2013

Le tracce della salma di Erich Priebke si sono perse intorno alle 23 di ieri sera, quando è stata prelevata dalla base militare di pratica di mare, destinazione ignota. Poche ore prima era stata portata via in fretta e furia dal monastero lefebvriano di San Pio X, scongiurando di fatto l’atteso raduno dei nostalgici in programma per oggi ad Albano.

Le voci circolate nelle ultime ore, che riferivano di una richiesta di cremazione o della possibilità di seppellire i resti dell’ex ufficiale delle SS nel cimitero militare tedesco di Caira a Cassino non hanno trovato conferma. Ad un certo punto è sembrato addirittura aprirsi un caso internazionale, con i contatti tra l’ambasciatore tedesco e il prefetto Giuseppe Pecoraro – finito, a pochi mesi dal pasticcio kazako – di nuovo sulla graticola per la decisione di autorizzare comunque la cerimonia nonostante l’opposizione del sindaco di Albano, si sono concluse con un nulla di fatto. E a mettere in imbarazzo ancora di più le autorità italiane ci ha il ministero degli Esteri tedesco. Il portavoce del ministro, Martin Schaefer, ha spiegato che la sepoltura di Piebke non è un problema che riguarda Berlino: “La cura dei morti tocca allo Stato dove una persona è morta, non c’è una responsabilità o un ruolo del Governo federale tedesco, non dipende da noi trovare una soluzione e nessuna richiesta è stata avanzata dai familiari”. In pratica, ha spiegato Schaefer, non c’è alcun divieto delle autorità tedesche al rimpatrio della salma, perché “ogni tedesco ha diritto ad essere seppellito in Germania. Lo Stato fornisce assistenza consolare ma non ha l’onere di sostituirsi ai parenti, non è compito del consolato, dell’ambasciata o del governo federale, è un problema della famiglia anche se la Germania ha grande interesse affinché Priebke venga seppellito senza riaprire discussioni sulla sua vita”. Il messaggio tra le righe è chiaro: l’Italia non può passare la patata bollente a Berlino, perché il problema non sussiste, basterebbe la volontà dei familiari.

La famiglia di Priebke non vive in Patria da oltre cinquant’anni, e nessuno di loro ha residenza o possiede una cappella tombale a Hennihegsdorf, paese natale dell’ufficiale nazista, che pertanto non rientra nei requisiti del governo di Brandeburgo per ottenere l’autorizzazione.

L’impasse è totale visto che il suo avvocato, Giuseppe Giacchini, si è dimesso ieri da procuratore legale del defunto, e non è ancora chiaro se uno dei due figli di Priebke, Ingo si trovi davvero in Italia. Allo stato attuale Giacchini appare quindi l’unico titolato a gestire le richieste dei familiari, e già promette battaglia, annunciando di voler celebrare, nel trigesimo della morte, una cerimonia in ricordo del boia delle Fose Adeatine. Dopo la sepolture verrà poi diffuso il video testamento, quello in cui Priebke nega l’esistenza dei forni crematori nei lager tedeschi.

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