PERUGIA – “Mai ho costruito dossier per spiare o ricattare politici o personaggi famosi, perché tutte le mie attività sono avvenute sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia”. Così il sostituto procuratore antimafia Antonio Laudati, in una nota, ha scaricato tutta la responsabilità del presunto dossieraggio su Federico Cafiero de Raho, all’epoca dei fatti procuratore nazionale antimafia e oggi deputato del Movimento 5 stelle e vicepresidente in carica della commissione parlamentare antimafia.
Laudati ha scelto di commentare l’inchiesta attraverso una nota dopo che ieri, 19 marzo, si è avvalso della facoltà di non rispondere e di non presentarsi davanti ai magistrati di Perugia. Una scelta dovuta alla “massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio”, la cui divulgazione ha fatto sì che “non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell’interrogatorio” ha spiegato Laudati.
Il sostituto procuratore antimafia, Laudati, non risponde ai pm di Perugia nell’ambito dell’indagine sui presunti accessi abusivi alle banche dati del suo ufficio compiuti dal tenente della Guardia di finanza, Striano #ANSA https://t.co/sfHz5br05D
— Agenzia ANSA (@Agenzia_Ansa) March 18, 2024
Il magistrato si è difeso sostenendo che “tutti gli accertamenti erano determinati da esigenze investigative, nell’esclusivo interesse dell’Ufficio”. Parole che hanno rimesso al centro delle polemiche il ruolo di Cafiero De Raho all’interno della commissione antimafia. Il vicepresidente della commissione antimafia, Mauro D’Attis, dopo le dichiarazioni di Laudati ha chiesto che De Raho si astenga dalle attività della Commissione Nazionale Antimafia.
“Nei casi contestati, – ha sottolineato Laudati – mi sono limitato a delegare al gruppo sos della Dna approfondimenti investigativi, in piena conformità alle leggi, alle disposizioni di servizio e sotto il pieno controllo del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo”.
Le parole del sostituto procuratore antimafia hanno infiammato così nuovamente il dibattito circa i presunti accessi abusivi alle banche dati del suo ufficio compiuti dal tenente della guardia di finanza Pasquale Striano. Il magistrato ha messo subito le mani avanti: “Non rientrava tra i miei compiti controllare il personale di polizia aggregato alla Dna, né quello di verificare gli accessi alla banca dati”.