HomeCronaca Opifici cinesi a Prato: quasi la metà lavora in nero. Arrestato un imprenditore

Opifici cinesi a Prato: quasi la metà lavora in nero. Arrestato un imprenditore

di Roberto Maria Rotunno02 Aprile 2014
02 Aprile 2014

rogo-prato-2Lavoro nero negli opifici cinesi a Prato. Quasi metà dei lavoratori controllati sono risultati irregolari. Un arresto e settanta persone deferite a piede libero che devono rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e violazioni di norme di sicurezza. Sono alcuni dei risultati dei controlli svolti dal gruppo Tutela del Lavoro dei carabinieri di Roma. Dopo il rogo nell’azienda Teresa Moda che a dicembre scorso è costata la vita a 7 cinesi – episodio per il quale sono scattati pochi giorni fa cinque arresti tra cinesi ed italiani con l’accusa di omicidio plurimo colposo -, nella Chinatown di Prato si sono intensificate le attività di indagine nei luoghi di lavoro. Le ispezioni svolte a partire da gennaio 2014 hanno interessato centodiciassette aziende e su 505 lavoratori, ben 221 sono risultati in nero. Quasi tutti sono extracomunitari e ben sessantadue clandestini.

Ben quaranta sono le aziende che si servivano di forza lavoro in nero con una percentuale superiore al 20 per cento: sono state tutte sospese e il totale delle sanzioni amministrative irrogate ammonta ad oltre 800 mila euro alle quali si aggiungono ammende per un totale di 100 mila euro per le violazioni al Testo unico per la sicurezza sul lavoro.
Un imprenditore di 38 anni, proprietario di una azienda tessile di Poggio Caiano, sempre in provincia di Prato, è stato arrestato con l’accusa di sfruttamento ai danni di sette cittadini clandestini. Settanta deferiti a piede libero devono rispondere, a vario titolo, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e di gravi violazioni in materia di sicurezza. Le attività delle forze dell’ordine hanno portato anche a tredici sequestri dell’intera unità produttiva.

Roberto Rotunno

 

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