HomeCronaca Polemiche nel PD tra Renzi ed Epifani. Intanto Napolitano parla a “Repubblica”: «Occorrono riforme concordate»

Polemiche nel PD tra Renzi ed Epifani. Intanto Napolitano parla a “Repubblica”: «Occorrono riforme concordate»

di Lorenzo Caroselli10 Giugno 2013
10 Giugno 2013

«Epifani fissi la data del Congresso del Pd. Fissi la data delle primarie aperte. Fissi regole, poi vediamo… Stavolta non mi faccio fregare, prima si fanno le regole e poi dico se mi candido». Queste le parole di Renzi sul duello per la segreteria del Partito. In un’intervista poi ribadisce il concetto: «Il 7 novembre del 2013 dobbiamo avere la data di un congresso nuovo. Epifani può decidere se fare le primarie aperte o il 27 ottobre o il 3 novembre. Poi noi decideremo se ci saremo».

Renzi e il da farsi. Riguardo all’attuale governo, ha aggiunto: «Se Letta cambia il Paese, io sto con Letta, non ho ambizioni personali». E sul Partito democratico esclude «nel modo più assoluto» di volerne cambiare il nome: «Nel mio modo di vedere, il Partito Democratico è il partito democratico dei fratelli Kennedy, che venivano da una città chiamata Hope», cioè speranza. Renzi ha ribadito la sua convinzione di attirare nel partito i voti dei delusi del centrodestra: «Rivendico il diritto dei cittadini di poter cambiare idea. Se uno ha votato la Lega ed è deluso, portiamolo con noi e si vince. Se lo lasciamo di là si perde». Poi ha aggiunto: «Sogno un Pd che vinca le elezioni e non un partito che voglia squalificare gli altri». Ma chiude su un altro aspetto: «L’ipotesi di Silvio Berlusconi senatore a vita non esiste. Sarebbe incomprensibile».
In riferimento allo studio della Cgil secondo cui solo nel 2076 il livello occupazionale tornerà ai livelli pre-crisi, Renzi è categorico: «Dire che l’Italia ripartirà nel 2076 è terrorismo psicologico». Ma nelle sue parole c’è anche un passaggio che viene considerato un attacco ai sindacati: «C’è una parte del sindacato che deve essere cambiata. Per difendere l’uguaglianza ci vuole un Paese libero e aperto».
Infine anche una battuta anche su Ingroia: «Ingroia che va in Guatemala, torna, si candida e prende lo zero virgola, poi va ad Aosta e si mette in ferie», è «uno degli spot a favore di Silvio Berlusconi».

Il Quirinale – Altra storia invece per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Per lui adesso il problema è di “far vivere questo governo per un’esigenza minima di stabilità istituzionale e direi quasi di sopravvivenza istituzionale e del Paese e poi ognuno riprenderà la sua strada”. “Salvaguardare la continuità istituzionale – prosegue il Capo dello Stato – non significa conservare l’esistente. In questo momento io sono per le riforme, il più possibile concordate e con il più largo consenso”.
Giorgio Napolitano, intervistato da Eugenio Scalfari, parla della sua rielezione. Al momento delle prime fumate nere era chiaro “il senso dell’impotenza parlamentare ed istituzionale” e “allora ho detto di sì per senso delle istituzioni, perché ho ritenuto si dovesse salvaguardare la continuità istituzionale. Sono stato quasi costretto ad accettare la candidatura a una rielezione o a una nuova elezione come presidente della Repubblica, essendo profondamente convinto di dover lasciare”, prosegue.

“Vissuto momento terribile” – Sempre tornando alle settimane della sua rielezione, Napolitano ha aggiunto: “Abbiamo vissuto un momento terribile in cui ci si domandava se l’Italia avrebbe avuto un governo, nelle condizioni in cui è il Paese. E abbiamo assistito a qualcosa cui non avevamo assistito nel passato”.

“Legge elettorale, non disposto a rivivere incubo” – Il Capo dello Stato torna sull’incapacità di giungere a una riforma elettorale. “Se ognuno adesso sventola la sua bandiera, io non sono intenzionato a rivivere l’incubo di quei mesi durante i quali nella commissione Affari costituzionali del Senato si è pestata l’acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale avendo tutti i partiti giurato che bisognava farla”. Adesso, per Napolitano, su alcuni terreni fondamentali come quello delle regole e delle riforme istituzionali, gli opposti schieramenti politici devono esprimere un impegno comune.

Lorenzo Caroselli

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