«Epifani fissi la data del Congresso del Pd. Fissi la data delle primarie aperte. Fissi regole, poi vediamo… Stavolta non mi faccio fregare, prima si fanno le regole e poi dico se mi candido». Queste le parole di Renzi sul duello per la segreteria del Partito. In un’intervista poi ribadisce il concetto: «Il 7 novembre del 2013 dobbiamo avere la data di un congresso nuovo. Epifani può decidere se fare le primarie aperte o il 27 ottobre o il 3 novembre. Poi noi decideremo se ci saremo».
Renzi e il da farsi. Riguardo all’attuale governo, ha aggiunto: «Se Letta cambia il Paese, io sto con Letta, non ho ambizioni personali». E sul Partito democratico esclude «nel modo più assoluto» di volerne cambiare il nome: «Nel mio modo di vedere, il Partito Democratico è il partito democratico dei fratelli Kennedy, che venivano da una città chiamata Hope», cioè speranza. Renzi ha ribadito la sua convinzione di attirare nel partito i voti dei delusi del centrodestra: «Rivendico il diritto dei cittadini di poter cambiare idea. Se uno ha votato la Lega ed è deluso, portiamolo con noi e si vince. Se lo lasciamo di là si perde». Poi ha aggiunto: «Sogno un Pd che vinca le elezioni e non un partito che voglia squalificare gli altri». Ma chiude su un altro aspetto: «L’ipotesi di Silvio Berlusconi senatore a vita non esiste. Sarebbe incomprensibile».
In riferimento allo studio della Cgil secondo cui solo nel 2076 il livello occupazionale tornerà ai livelli pre-crisi, Renzi è categorico: «Dire che l’Italia ripartirà nel 2076 è terrorismo psicologico». Ma nelle sue parole c’è anche un passaggio che viene considerato un attacco ai sindacati: «C’è una parte del sindacato che deve essere cambiata. Per difendere l’uguaglianza ci vuole un Paese libero e aperto».
Infine anche una battuta anche su Ingroia: «Ingroia che va in Guatemala, torna, si candida e prende lo zero virgola, poi va ad Aosta e si mette in ferie», è «uno degli spot a favore di Silvio Berlusconi».
Il Quirinale – Altra storia invece per il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Per lui adesso il problema è di “far vivere questo governo per un’esigenza minima di stabilità istituzionale e direi quasi di sopravvivenza istituzionale e del Paese e poi ognuno riprenderà la sua strada”. “Salvaguardare la continuità istituzionale – prosegue il Capo dello Stato – non significa conservare l’esistente. In questo momento io sono per le riforme, il più possibile concordate e con il più largo consenso”.
Giorgio Napolitano, intervistato da Eugenio Scalfari, parla della sua rielezione. Al momento delle prime fumate nere era chiaro “il senso dell’impotenza parlamentare ed istituzionale” e “allora ho detto di sì per senso delle istituzioni, perché ho ritenuto si dovesse salvaguardare la continuità istituzionale. Sono stato quasi costretto ad accettare la candidatura a una rielezione o a una nuova elezione come presidente della Repubblica, essendo profondamente convinto di dover lasciare”, prosegue.
“Vissuto momento terribile” – Sempre tornando alle settimane della sua rielezione, Napolitano ha aggiunto: “Abbiamo vissuto un momento terribile in cui ci si domandava se l’Italia avrebbe avuto un governo, nelle condizioni in cui è il Paese. E abbiamo assistito a qualcosa cui non avevamo assistito nel passato”.
“Legge elettorale, non disposto a rivivere incubo” – Il Capo dello Stato torna sull’incapacità di giungere a una riforma elettorale. “Se ognuno adesso sventola la sua bandiera, io non sono intenzionato a rivivere l’incubo di quei mesi durante i quali nella commissione Affari costituzionali del Senato si è pestata l’acqua nel mortaio e non si è stati capaci di partorire nessuna riforma elettorale avendo tutti i partiti giurato che bisognava farla”. Adesso, per Napolitano, su alcuni terreni fondamentali come quello delle regole e delle riforme istituzionali, gli opposti schieramenti politici devono esprimere un impegno comune.
Lorenzo Caroselli