Twitter ha annunciato che finora sono stati chiusi oltre 70mila account legati a QAnon. Di fronte ai fatti di Washington DC. “Venerdì pomeriggio abbiamo cominciato a sospendere in modo permanente migliaia di account dedicati soprattutto alla condivisione di contenuti QAnon” ha dichiarato la stessa società. Ripristinato invece l’account del quotidiano Libero, sospeso da 12 ore per attività sospette. L’operazione aveva suscitato le critiche di diversi esponenti politici, nonché dello stesso giornale.
Non si ferma, quindi, la campagna condotta dai colossi del web, Twitter e Facebook in testa, per allontanare dalle proprie piattaforme Trump e i suoi sostenitori più estremisti. Nonostante siano tutti concordi nel giudicare negativamente i fatti di Capitol Hill, la domanda che da più parti ci si pone è: possono i social network arrogarsi il diritto di censurare un politico? È sicuramente un terreno inesplorato, come scrive Massimiliano Panamari su La Stampa, e quello che stiamo vivendo potrebbe rappresentare lo spartiacque tra la gestione precedente e quella futura di questo tema.
Ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel, tramite il suo portavoce Steffen Seibert, ha definito la sospensione definitiva dell’account di Donald Trump come “problematica”. Dietro la sua contrarietà sta la convinzione che un’azione del genere possa essere intrapresa solo dallo Stato, tramite le sue leggi, e non da una società privata. Un giudizio simile proviene dalla Francia. Tra chi invece è a favore della decisione figurano Beppe Severgnini e, per certi versi, lo stesso direttore di Libero, Vittorio Feltri. Quest’ultimo, sul Corriere della Sera, ha giudicato folle l’aver equiparato Libero e Trump, ma non ha contestato la scelta in sé. Secondo il giornalista “si tratta di un soggetto privato e i privati fanno quello che vogliono”.