Settant’anni irripetibili, a cavallo tra Cinquecento e Seicento: gli anni della regina Elisabetta I e dei grandi teatri popolari sulle rive del Tamigi. La Londra di William Shakespeare rivive al Globe Theatre di Villa Borghese, che per un’ora si trasforma nel suo grande antenato, il «cerchio di legno» amato e frequentato dalla stessa sovrana, a sua volta ispiratrice di inediti personaggi femminili emancipati come la Beatrice di Molto rumore per nulla o la Caterina della Bisbetica domata.
In scena, all’ora dell’aperitivo, un gruppo di attori capitanati e diretti da Loredana Scaramella racconta l’epoca dei colletti inamidati e degli spettacoli a un penny, dalla fondazione del Globe a quella del suo concorrente, il Fortune (che, a dispetto del nome, bruciò dopo pochi anni), fino alla chiusura dei teatri nel 1642, all’inizio della guerra civile di Oliver Cromwell. Si assiste così, tra le altre cose, alla difficile ricerca del pubblico, che veniva informato con un drappo colorato sul pennone più alto del teatro del tipo di spettacolo che sarebbe stato messo in scena la sera, alternando commedie, tragedie e drammi storici. Oppure alla nascita del Box Office: il locale, chiuso a chiave, dove veniva conservata la scatola con l’incasso durante lo spettacolo.
Affiatato il cast, arricchito dalla presenza dei bravi musicisti del trio William Kemp. Carlo Ragone – che lunedì 28 sarà mattatore per una sera in Intestamé, dedicato proprio al grande attore brillante elisabettiano – è come sempre incontenibile, sia nelle parti recitate che in quelle cantate. Altrettanto ispirati l’esperto Roberto Mantovani e la brava Loredana Piedimonte, che può mettere finalmente in luce le sue doti di attrice drammatica, oltre che esibirsi in un gustoso e inaspettato duetto in dialetto napoletano. Imbronciato e un po’ in disparte invece Mauro Santopietro, comunque a suo agio nell’interpretare il duetto del principe Henry – futuro re Enrico V – con l’anziano e gaudente John Falstaff.
Alessandro Testa