Il Rosatellum bis ha superato ieri l’ostacolo del voto a Palazzo Madama, ma all’interno della maggioranza di governo iniziano a mostrarsi le prime crepe e differenti equilibri.
La presa di posizione, clamorosa, che ha segnato il voto di ieri, è stata quella del presidente del Senato Pietro Grasso, che ha deciso di lasciare il Partito Democratico per aderire al gruppo misto. “È l’unica scelta che possa certificare la distanza da una deriva che non condivido”, sono le parole che Grasso ha indirizzato, amareggiato, al Nazareno aggiungendo: “I principi e i valori condivisi negli anni si sono andati disperdendo”, non riuscendo più a riconoscersi “nel merito e nel metodo” del Pd a guida Matteo Renzi. Una decisione sofferta quella del Presidente del Senato, che arriva dopo il ricorso ai cinque voti di fiducia al contestato Rosatellum e che definisce “una violenza istituzionale”.
Il capogruppo del Pd al Senato, Luigi Zanda, si definisce sorpreso: “Il presidente mi ha comunicato per telefono la decisione di dimettersi dal gruppo del Pd poco prima di renderla nota. Per me è stata una notizia inaspettata e in nessun modo prevedibile. Mi ha detto che se non fosse stato presidente del Senato e avesse dovuto votare, non avrebbe votato né la legge né la fiducia sugli articoli del Rosatellum. Peccato”.
Dopo la decisione di Pietro Grasso di uscire dal gruppo del Pd c’è chi pensa ad una sua possibile candidatura con Mdp. In un’intervista rilasciata a Circo Massimo su Radio Capital, Massimo D’Alema commenta: “Quello che farà dipende da lui. Per il suo ruolo costituzionale in questo momento, che è preclusivo di qualsiasi ruolo politico, e anche per la sua storia, non è una persona che può essere tirata per la giacchetta. Deciderà lui”. E aggiunge “questa consonanza di giudizio mi fa piacere perché è un uomo che stimo moltissimo per la sua storia e per come ha svolto il suo ruolo istituzionale, anche con sofferenza”.
La battaglia di ieri a Palazzo Madama però ha lasciato una lunga scia di polemiche. Prima tra tutti quella sollevata dal Movimento 5 Stelle, che ha accusato il Governo di non avere più la compagine interna con cui era formato all’inizio del mandato. A rispondere in aula nel suo intervento è Denis Verdini di Ala, grazie al quale la legge elettorale ha avuto i numeri per essere approvata. “A chi dice oggi che si è realizzata una nuova maggioranza, vorrei dire che non è vero. perché noi c’eravamo, ci siamo stati e ci saremo fino all’ultimo giorno della legislatura”.