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HomeCronaca Piero Polidoro sul caso Cambridge Analytica “Usare servizi a pagamento”

Cambridge Analytica
"Usiamo più riservatezza
e servizi a pagamento"

Polidoro, docente alla Lumsa

in Scienza della comunicazione

di Luisa Urbani21 Marzo 2018
21 Marzo 2018

Dopo il caso Cambridge Analytica sono sempre di più gli utenti di Facebook che iniziano a preoccuparsi per la loro privacy. Piero Polidoro, docente dell’Università LUMSA ed esperto in marketing & digital communication spiega come ci si può difendere per impedire la diffusione dei propri dati personali.

 

Professore, come possono difendersi gli utenti di Facebook?

“Facebook, come si può chiaramente notare sul social stesso, è gratuito. Quando un utente si iscrive legge chiaramente che ‘è gratis e lo sarà per sempre’.  È chiaro che Facebook ha una struttura che impiega decine di migliaia di dipendenti, server, macchinari e tante altre cose. Quindi è logico che in qualche modo deve finanziarsi per sostenere tutte queste spese. Nel caso di Facebook, ma anche di molti altri servizi web, questi vengono finanziati vendendo la targettizzazione del pubblico. Perciò io utente terzo compro la pubblicità da Facebook. È opportuno sottolineare che comprare la pubblicità da questo social network è particolarmente efficiente perché questa sarà mostrata solo alle persone che potenzialmente sono interessate al determinato prodotto. Quindi, in realtà è impossibile evitare che i propri dati vengano utilizzati perché quando noi ci iscriviamo a Facebook accettiamo questo tipo di meccanismo. Possiamo, però, sicuramente stare attenti a impostare la nostra privacy in un determinato modo. Possiamo evitare di rendere più o meno pubblica una serie di informazioni su di noi che riteniamo sensibili come preferenze politiche, consumi o cose simili. Cioè molto semplicemente adoperando una discrezione e una riservatezza che secondo me sarebbe bene coltivare anche nella vita pubblica on line.”

 

In che modo Facebook attua la targettizazione del pubblico?

“Facebook accumula ed elabora dati che riguardano il traffico degli utenti come, ad esempio, like, ricerche, ecc. Attraverso l’elaborazione dei dati vengono forniti alcuni profili. Viene, cioè, stabilito che un determinato individuo appartiene a un determinato target.  Perciò, se un terzo vuole vendere auto di lusso, oppure vacanze, Facebook gli fornisce un target ideale. Quindi, rispetto alla pubblicità tradizionale, Facebook è strumento assolutamente preciso nella profilazione perché quando accediamo nel suo ambiente dobbiamo farci riconoscere. Il business di Facebook è vendere a chi compra pubblicità una perfetta e precisa targettizzazione del pubblico. Questa operazione viene fatta assicurando la privacy delle persone perché Facebook dice a chi compra la pubblicità “noi faremo vedere questa pubblicità ad una serie di persone che corrispondono al tuo profilo ideale” senza specificare a chi fa riferimento. Quindi, in questo modo viene garantita la privacy degli utenti”.

 

Quali potrebbero essere le soluzioni per evitare che si ripeta uno scandalo simile?

“Spero che questo ci aiuti a capire che usare servizi a pagamento sia un’ottima idea. Questi servizi, essendo finanziati attraverso il pagamento di una quota di iscrizione, non commercializzano i dati dei propri utenti.  Questa è l’occasione per ricominciare a pensare all’idea che è meglio pagare una quota di iscrizione sapendo che i propri dati non diventino merce per parti terze.”

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