La Sardegna si trova al centro di un dibattito molto acceso per quanto riguarda la transizione energetica. Grazie al numero elevato di giorni di sole in un anno, ma soprattutto alla grande ventosità, l’isola è stata selezionata come una delle regioni che maggiormente possono contribuire al fabbisogno nazionale di energia.
L’Italia e l’Europa infatti, con una serie di scelte strategiche (Piano Nazionale integrato Energia e Clima, Green Deal Europeo, Fit for 55 e Pnrr), hanno posto come obiettivo quello di ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030. Per raggiungere questo risultato è necessario incrementare la produzione di energia sostenibile (eolico, solare, idroelettrico) fino al 72% facendo un grande salto in avanti rispetto al 42% di oggi.
Negli ultimi anni in Sardegna sono comparsi numerosi nuovi parchi eolici con oltre 1.200 torri attualmente installate. Una parte della popolazione però teme per la tutela del territorio. Le turbine eoliche, alte fino a 240 metri, rischiano di compromettere il paesaggio e le coste, influendo non solo sul turismo ma anche sul comparto agro-industriale.
Il Coordinamento Gallura contro la speculazione eolica e fotovoltaica mette in evidenza che “l’area destinata agli impianti rinnovabili di taglia industriale sarebbe convertita da agricola a industriale e questo solo passaggio trasformerebbe di fatto l’intera Sardegna in una zona industriale unica e senza soluzione di continuità tra terra e mare”. Inoltre – si legge in uno dei documenti pubblicati – “aziende agricole, turistiche ed agrituristiche subirebbero ingenti danni, in diversi casi fatali”. Ci sarebbero problemi anche per quanto riguarda il valore dei terreni e degli immobili che, secondo il coordinamento, andrebbero a perdere circa il 40-50% del loro valore se nelle vicinanze venissero erette turbine. Nuove torri eoliche inoltre altererebbero l’ecosistema, l’avifauna e la biodiversità.
Se da una parte è chiaro che la realizzazione di grandi parchi eolici modifica il paesaggio e in alcuni casi anche il territorio, l’energia green ha comunque importanti benefici. “I vantaggi principali sono sia economici che ambientali – spiega Davide Astiaso Garcia, Segretario Generale dell’Associazione nazionale energia del vento (Anev) – L’eolico infatti è una delle tecnologie che permette la produzione di energia elettrica a un prezzo più basso e ha notevoli vantaggi ambientali, non emettendo gas climalteranti che causano problematiche economiche, sociali, paesaggistiche, ambientali, connesse alla crisi climatica in corso”. Inoltre, grazie all’eolico si riuscirebbe a raggiungere un’indipendenza energetica fondamentale: “Permette di produrre energia nel nostro paese, senza dover acquistare combustibili fossili da paesi terzi, svincolandoci da quelle dinamiche che compromettono le relazioni internazionali e fanno aumentare il costo dell’energia come abbiamo visto a seguito dei conflitti in corso”.
Esistono poi associazioni ecologiste che promuovono l’installazione di nuove turbine eoliche vedendo in ciò la possibilità di rendere la Sardegna uno dei primi esempi al mondo di regione a zero emissioni di carbonio per la produzione e il consumo di energia. Una di queste è l’alleanza Sardegna Rinnovabile che nasce su iniziativa delle associazioni ambientaliste Greenpeace Italia, WWF Italia, Legambiente e Kyoto Club.
“Siamo più che favorevoli agli investimenti rinnovabili come l’eolico – spiega Simona Abbate, attivista di Greenpeace – Ma il futuro delle rinnovabili si basa anche e soprattutto sul consenso delle comunità locali, per questo è indispensabile un dialogo con il territorio e una corretta gestione dei procedimenti di installazione e delle valutazioni di impatto ambientale”.
Attualmente, l’isola produce più di quanto consumi, ma quando si parla di energia è necessario avere una visione più ampia, un quadro nazionale: infatti come sostiene Astiaso Garcia di Anev “l’Italia gode di un potenziale di sole e vento in grado di produrre l’energia di cui ha bisogno in modo pulito e a basso costo. Ma la risorsa vento non è disponibile in modo omogeneo in tutto il territorio nazionale”.

Se abbiamo detto che la Sardegna non necessita, almeno dal punto di vista regionale, di un aumento della produzione energetica, una transizione green potrebbe favorire la creazione di nuovi posti di lavoro: secondo gli studi dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) “nel percorso delineato nello scenario Net-Zero Emissions by 2050 (NZE) dell‘IEA, si stima che entro il 2030 saranno generati 14 milioni di nuovi posti nell’approvvigionamento energetico. Nello stesso periodo, la produzione di combustibili fossili potrebbe perdere 5 milioni di posizioni, con un guadagno netto di 9 milioni”. Inoltre, le industrie di energia pulita, come efficienza, automotive e edilizia, richiederebbero altri 16 milioni di addetti. Ciò significa che entro il 2030 potrebbero essere creati più di 30 milioni di posti di lavoro.
Rimane la questione dell’inquinamento visivo che è evidente e deve essere affrontata. Per risolvere il problema le aziende dell’eolico hanno progettato delle turbine flottanti di dimensioni più elevate ma collocate a 12 miglia dalla costa (22,22 km) che garantirebbero un impatto visivo minimo: a questa distanza, la curvatura della Terra e la foschia o la nebbia marina ridurrebbero significativamente la visibilità, anche se non del tutto in caso di condizioni metereologiche ottimali. Soluzione che però in alcuni casi non sarebbe sufficiente: come si può leggere nella Relazione Tecnica – Valutazione di Impatto Visivo del Ministero dell’Ambiente, se venisse realizzato il progetto Nora Energia 2 di un parco eolico offshore lungo le coste di Cagliari, in molte zone, come Villasimius, il panorama sarebbe senz’altro modificato anche se con un’altezza percepita delle pale molto ridotta.