L’Ape partirà non prima di ottobre-novembre. Saranno infatti pagati in questo periodo i primi assegni per il lavoratore, previsti dal programma di pensionamento a costo zero. Emerge questo dall’incontro di ieri tra il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e i sindacati. Poletti ha assicurato che il progetto Ape inizierà il 1° maggio, ma per i pagamenti si dovrà aspettare qualche mese in più.
Il ritardo è dovuto alla lunga procedura di attuazione della norma, contenuta nella Legge di Bilancio, che verrà codificata a breve in un Dpcm (decreto della presidenza del Consiglio dei ministri). Servirà poi un secondo decreto per regolarizzare l’Ape volontaria: verrà decurtato, al lavoratore che sceglierà di andare in pensione prima, il 4,6% per ogni anno di anticipo. Infine il terzo decreto, che consentirà l’accesso della pensione ai lavoratori precoci: coloro che hanno iniziato prima dei 18 anni con 41 anni di contributi.
I beneficiari dell’Ape. Sarà possibile presentare le domande dal primo maggio. I richiedenti dovranno avere 63 anni e rientrare nelle categorie stabilite: tutti i disoccupati licenziati senza ammortizzatori sociali da tre mesi; gli invalidi al 74%; i lavoratori che hanno a carico familiari con invalidità grave. In queste tre categorie rientreranno soltanto i lavoratori con almeno trent’anni di contributi. Per la quarta categoria, ovvero i lavoratori impegnati in attività usuranti negli ultimi sei anni, serviranno almeno 36 anni di contributi.
Due categorie escluse. I sindacati non hanno ottenuto dal governo l’estensione della pensione anticipata a due categorie: i disoccupati che hanno finito il contratto a termine e i lavoratori impegnati in attività usuranti. Questi ultimi rientrano tra i potenziali beneficiari soltanto se hanno svolto attività gravose negli ultimi sei anni. Il rischio è quello di escludere molti edili. Ma il governo ha promesso un emendamento, che permetterà una limitata flessibilità.