La pena di morte negli Stati Uniti non gode più di buona fama. Lo testimoniano gli ultimi dati forniti dal Death Penalty Information Center (DPIC), un’organizzazione no-profit di Washington, secondo la quale si registra un calo record nell’uso della pena capitale. Un provvedimento che ancora resiste in 31 Stati di quella che è considerata la principale democrazia del mondo, ma che ormai perde consensi anche tra i cittadini.
«Tra le preoccupazioni per l’innocenza, i costi, la discriminazione, l’alternativa dell’ergastolo, e il modo discutibile in cui gli Stati tentano di eseguire le sentenze, l’opinione pubblica ogni anno è sempre meno a suo agio con la pena di morte», spiega Robert Dunham, direttore del DPIC e autore del rapporto. I numeri, d’altronde, parlano chiaro. Quest’anno le sentenze capitali in America dovrebbero essere relativamente poche, 31, ben il 37% in meno rispetto al 2015 quando invece furono 49. Il dato relativo al 2016 rappresenta un record da oltre quarant’anni a questa parte, ovvero dal 1972, quando la Corte suprema americana sospese la pena di morte dichiarandola incostituzionale. Provvedimento, però, durato poco, visto che quattro anni dopo venne reintrodotta.
Nessuno Stato tra quelli in cui è ammessa ha superato quest’anno la soglia delle dieci esecuzioni. I numeri maggiori si sono registrati in Georgia, con nove condanne, e in Texas con sette.
Il voto dell’otto novembre, che ha decretato la vittoria di Donald Trump, ha dimostrato però come ci siano ancora forti resistenze conservatrici tra gli americani: tre Stati infatti – California, Nebraska e Oklahoma – hanno votato per mantenere la pena di morte. Vittoria degli abolizionisti, invece, in Florida e Delaware.
Chi spera, però, che la condanna possa essere definitivamente messa fuori legge negli Usa, dovrà fare i conti con il nuovo inquilino della Casa Bianca. Sarà molto difficile, infatti, che con Trump al potere questo possa accadere. Il neo eletto presidente repubblicano, che si insedierà il 20 gennaio, dovrà nominare un nuovo giudice della Corte suprema, e sicuramente si tratterà di un conservatore. L’ipotesi che la Corte prenda nuovamente un provvedimento come quello del 1972, dunque, è piuttosto remota.