“Il futuro, prima o poi, torna. E allora facciamoci trovare pronti: anziché litigare sul niente, proviamo a imparare da chi sta costruendo il domani prima degli altri”. Così Matteo Renzi sul suo blog parla del suo viaggio in Usa, dopo il primo giorno californiano. Solo un accenno alla scissione del Pd e la candidatura alla segreteria di Michele Emiliano. Intanto da Roma la linea del Presidente della Regione Puglia sembra piuttosto quella di “sparare sul quartier generale” (per usare una vecchia parola d’ ordine maoista) logorandone pazienza e resistenza: lo fa con un’intervista al Corriere della Sera “Renzi non solo aggredisce, è pure anaffettivo. Napoleonico. La differenza con lui è quasi antropologica”. L’ex segretario viene appellato come “Il Bomba”: “Lo chiamano così” – spiega – “non perché dica bugie; perché le spara grosse, con superficialità”. Intanto in serata i fuoriusciti raccontano lo strappo in televisione, lontano da circoli e assemblee. Massimo D’Alema su Rai3, ospite di “Cartabianca”, il programma di Bianca Berlinguer spiega: “Io rappresento un mondo che per Renzi non voterebbe mai” e affonda come nel suo stile: “l’elemento divisivo è Renzi. Rimosso Renzi, il centrosinistra tornerà ad essere unito”. Pierluigi Bersani ospite di Giovanni Floris, a “Dimartedì” su La7 è ottimista sul nuovo movimento: “può recuperare consenso sui temi del lavoro, del welfare. Noi sosteremmo questo governo e chiederemo, se vuole arrivare al 2018, di cambiare qualcosa proprio sul lavoro, sui voucher, sulla scuola”.
Più che una scissione quello del PD somiglia ad uno sfarinamento. Un venir meno delle ragioni dello stare insieme che rompe il PD in tre. Il primo PD somiglia a quello di oggi senza la minoranza. Quello che nel 2014 già Ilvo Diamanti battezzò PdR: il partito di Renzi. Il secondo è quello della vecchia Ditta che mantiene nel pantheon Bersani e D’Alema e tra i leader Rossi e Speranza. La terza formazione è già partita: il campo Progressista ideato dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia. Fino a poche settimane fa sembrava destinato ad allearsi con il PD di Renzi, oggi di fronte a questo scenario di divisione sarebbe pronto ad accogliere gli scissionisti del Pd. E se Renzi evoca la parola futuro è in realtà il passato a bussare alla porta e imporsi su tutto e tutti: si chiama proporzionale.
Il ritorno della legge elettorale cambia la geografia della politica che permetterà ad ogni singolo micro-partito di gareggiare per giudicarsi qualche seggio in Parlamento. Basta superare il 3% per entrare alla Camera. Sguardo fisso sulle prossime settimane dove il governo a maggioranza PD guidato da un silenzioso Gentiloni si dovrà occupare della riforma Rai, di una riforma finanziaria stimata in 30-35 miliardi di euro, del ritorno della legge elettorale nelle commissioni parlamentari per adesso scomparsa dall’agenda politica