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Paura e sangue: il calcio ostaggio degli ultras

di Sofia Silveri30 Gennaio 2025
30 Gennaio 2025
Ultras violenze

Ultras con fumogeni | Foto Unsplash

Il dodicesimo uomo non corre sul campo, ma sta seduto in curva. Usa i cori al posto del pallone, ma a volte la passione è sporcata dalla violenza. L’ultimo episodio in ordine di tempo l’agguato, mosso anche da rivalità politiche, di un gruppo di ultras laziali contro i tifosi della Real Sociedad lo scorso 22 gennaio. Un altro sinistro campanello d’allarme per le istituzioni dello sport.

La soluzione di Gravina: “Serve il riconoscimento facciale”

Per arginare il fenomeno la Federcalcio (Figc) vuole mettere in campo nuovi strumenti, come spiega il presidente Gabriele Gravina a Lumsanews. “Riconoscimento facciale e radar sonoro sono due ottimi sistemi per individuare i responsabili di comportamenti violenti. Ne abbiamo parlato con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il ministro per lo Sport Andrea Abodi, che hanno assunto il coordinamento”. Perché “senza una normativa ad hoc – afferma Gravina – questi strumenti non possono essere usati”.  Un passo in avanti necessario per identificare quei tifosi che, con le loro violenze, tengono ancora in ostaggio i club, diventando quasi degli azionisti occulti, pronti a scatenare ritorsioni quando il dialogo non basta.

Gli stadi teatro delle violenze

Le ultime aggressioni sono l’istantanea della brutalità promossa dalle curve italiane, protagoniste di scontri anche dentro agli stadi. Lo scorso anno terrore e sangue macchiano il derby capitolino: un romanista di 27 anni perde un orecchio e rimedia 60 giorni di prognosi dopo essere stato colpito da un petardo proveniente dalla Tribuna Tevere, settore riservato alla Lazio per quell’occasione. Non solo le grandi del calcio italiano, ma anche le categorie minori fanno i conti con la ferocia ultras. Lo scorso settembre in Serie D, al termine di Martina Calcio-Casarano, un gruppo sfrutta il deflusso della tifoseria ospite per sfondare la porta d’ingresso e raggiungere i supporter rivali. Solo l’intervento tempestivo delle forze dell’ordine evita un possibile dramma.

Una ferocia che prosegue fuori dagli impianti

Gli scontri di Via Leonina tra laziali e baschi sono quindi i titoli di coda temporanei di un fenomeno più grande. Nel 2023 circa 600 ultras dell’Eintracht Francoforte, nonostante il divieto di vendita di biglietti, arrivano a Napoli prima della gara di Champions League, devastando la città, tra negozi vandalizzati e auto della polizia date alle fiamme. E ancora un testimone oculare rimasto anonimo racconta di un appuntamento tra il tifo organizzato biancoceleste e quello della Fiorentina in occasione della gara di campionato del 22 settembre 2024. L’obiettivo? Non certo una riunione pacifica, ma un modo per dimostrare la propria superiorità. “Erano tutti vestiti di nero, con dei tubi in plastica da utilizzare come bastoni – racconta il nostro testimone – e la tragedia non si è consumata solo perché i tifosi viola non si sono presentati”. Ma i laziali non sono nuovi a casi di cronaca. Basti pensare agli adesivi di Anna Frank con la maglia della Roma distribuiti nel 2017. “Noi ci muoviamo per la passione che viviamo per la Lazio. Non neghiamo le ideologie politiche, ma spesso siamo stati presi di mira per cose infondate”, spiega però un ultras a Lumsanews.

L’avvocato degli ultras: “Violenze in calo, ma i social fanno da cassa di risonanza”

La difesa dei tifosi va oltre queste dichiarazioni, passando anche per i banchi di tribunale.  “Rispetto agli anni Ottanta, Novanta e anche Duemila, gli episodi di violenza sono in calo. Per via dei social, però, sono più enfatizzati”, spiega Lorenzo Contucci, avvocato penalista da anni impegnato a difendere gli ultras in giudizio. Contucci denuncia anche la poca trasparenza nella comunicazione sui dati delle violenze: “I dati effettivi li fornisce, non sempre in modo trasparente, il ministero dell’Interno”. Il report più recente risale alla stagione 2022/2023. 

Da questi risulta che le tifoserie più violente nella stagione calcistica 2022/2023 sono state quelle del Napoli, Genoa, Nocerina, Sampdoria, Foggia, Brescia e Reggina. Queste tifoserie hanno registrato il maggior numero di feriti tra civili, forze dell’ordine e steward.

Numero di feriti per tifoseria (2022/2023)

Il tifo, una scusa per sfogare gli istinti

Ma il tifo resta comunque una scusa per sfogare i propri istinti, oltre a essere uno strumento per coprire affari criminali. È il caso dell’inchiesta Doppia Curva di Milano, che ha portato agli arresti di 19 ultras di Inter e Milan. Ma anche del narcotrafficante Fabrizio Piscitelli, il leader degli Irriducibili della Lazio noto come Diabolik, ucciso nel 2019. Nonostante il suo curriculum criminale, Piscitelli resta un modello per i tifosi: “In Curva Nord rimarranno per sempre impresse le sue gesta. La sua mentalità è un pilastro per noi”, racconta ancora l’ultras rimasto anonimo.

Alle origini della violenza ultras

Ma quand’è che il tifo prende una svolta violenta? Per comprendere le degenerazioni, bisogna fare un passo indietro agli anni Sessanta, quando nascono i primi gruppi ultras italiani. Formati da giovanissimi, si ispirano agli hooligans, le bande di tifosi inglesi autori di violenze in nome di una bandiera. 

“Il primo gruppo a cui si dà questa accezione è La Fossa dei Leoni del Milan, poi ne nascono  altri come i Boys San (Inter), gli Ultras Tito Cucchiaroni (Sampdoria), le Brigate Gialloblù (Verona)”, racconta a Lumsanews Pierluigi Spagnolo, giornalista della Gazzetta dello Sport.

Tra violenza e passione, l’evoluzione dei gruppi

Sullo sfondo iniziano a farsi largo violenza e politica. Stendardi che raffigurano armi, croci celtiche, svastiche, oppure immagini di Che Guevara, invadono gli spalti. Le rivalità sfociano nei primi episodi di violenza. Tra quelli più gravi la morte di Vincenzo Paparelli, tifoso laziale colpito da un razzo proveniente dalla curva romanista nel 1979. “A volte mi chiedono perché esista la violenza negli stadi. Gli impianti sono uno spaccato di mondo”, continua Spagnolo.

Oggi, gli scontri sono un vero e proprio deterrente per i tifosi pacifici, spaventati dalle aggressioni. Per debellare le fazioni estreme servono quindi strumenti nuovi, perché i controlli della polizia e le telecamere a circuito chiuso non bastano. Uno scoglio da superare con le tecnologie proposte dal presidente Gravina, da accompagnare con una vera svolta culturale sul tema. I primi passi da compiere per sventolare, definitivamente, un cartellino rosso alla violenza dei tifosi.

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