L’invasione russa dell’Ucraina e il rovinoso ritiro delle truppe occidentali in Afghanistan hanno riportato in auge il dibattito sulla difesa comune europea. In vista dell’approvazione della Bussola strategica – il documento che delinea la politica estera e militare dell’Unione europea – Lumsanews ha intervistato Gianluca Pastori, docente di Storia delle Relazioni internazionali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Secondo Pastori si tratta di un segnale importante a livello politico. Tuttavia la Nato, formalmente aperta alla formazione di un soggetto militare europeo, lo considera “un doppione che sottrae risorse, già scarse”.
È possibile che si arrivi alla costruzione di un esercito europeo?
“Astrattamente è possibile. Col ritiro occidentale dall’Afghanistan e la guerra in Ucraina, la decisione dell’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, di dar vita all’European First Entry Force (una forza di primo intervento) ha preso più forza. Se ne era parlato concretamente già lo scorso maggio. Non dobbiamo però aspettarci una forza operativa in brevi tempi. Ci vorrà tempo per creare gli equilibri politici necessari e andranno poi trovate risorse a livello economico-finanziario”.
L’Unione europea ha già stanziato delle risorse?
“L’Europa si sta muovendo molto ultimamente e già prima della pandemia si erano decisi investimenti importanti. Gli stanziamenti sono stati intaccati per recuperare fondi per il Next Generation Europe. Il budget però rimane significativo e ora sembra essersi creata la volontà politica”.
In cosa consisterà l’esercito europeo?
“Sicuramente verrà attivata la First Entry Force, cioè la forza di primo intervento. Sarà qualcosa di piccolo e limitato e non sarà da intendere come un esercito vero e proprio. È un segnale importante a livello politico. L’Unione Europea si doterà di una forza attiva, che avrà delle relazioni con la Nato, ancora tutte da definire”.
Esercito europeo e Nato possono coesistere?
“Non sono incompatibili e per stessa ammissione delle autorità europee la Nato è imprescindibile. Sicuramente Alleanza atlantica ed esercito europeo non sono in competizione tra loro. Formalmente la Nato è aperta alla formazione di un soggetto militare comunitario, tuttavia esiste una freddezza di fondo. La Nato considera l’attuale progetto militare europeo come un doppione che sottrae risorse, già scarse”.
E sul piano operativo?
“Sul piano operativo, secondo la Nato, un esercito europeo non farebbe nulla di nuovo e presumibilmente farebbe peggio. Molto dipende dall’atteggiamento degli Stati Uniti. Il presidente americano Joe Biden sembra premere molto affinché l’Europa si assuma delle responsabilità. Bisognerà vedere quanto pesano gli Stati Uniti nella Nato”.
Chi potrebbe mettere in discussione il ruolo degli Stati Uniti all’interno della Nato?
“Tutti gli Stati membri pesano all’interno Nato, perché le decisioni vengono prese sulla base del consenso all’unanimità. Tuttavia, i Paesi dell’Europa centro-orientale vedono negli Stati Uniti e nella Nato una garanzia superiore rispetto a quella che potrebbe fornire un esercito europeo”.
Quindi i Paesi dell’Europa centro-orientale preferirebbero entrare nella Nato?
“Sì, sceglierebbero l’ombrello Nato. La guerra in Ucraina ha fatto aumentare la domanda di Nato e sta dimostrando che se un Paese è al suo interno può contare sull’intervento armato degli alleati. Se invece è fuori può contare esclusivamente su aiuti, ma alla fine è costretto a difendersi da solo. La domanda di Nato aumenta però i timori russi di accerchiamento, fomentando l’ostilità e il sentimento anti-Nato russo e ovviamente l’insicurezza regionale”.
Sulla Difesa comune cosa unisce Francia e Germania?
“I due Paesi sono uniti dalla volontà di preservare il loro ruolo in Europa. Il progetto di integrazione europea è attualmente in discussione: lo si vuole rilanciare e arrivare a una difesa comune potrebbe dare slancio alla centralità di Francia e Germania”.
Cosa potrebbe intaccare la cooperazione franco-tedesca?
“La tradizionale rivalità tra Francia e Germania. Un motore trainato da due teste non funziona mai veramente bene. Va capito chi conta di più e questo è il grosso punto interrogativo. In Germania si è insediato un nuovo governo, guidato da Olaf Sholz, che è alla ricerca di un suo equilibrio interno. Il presidente francese Emmanuel Macron, molto attivo a livello internazionale e critico sulla Nato, sta andando al voto e non sappiamo se riuscirà a ricevere un secondo mandato. Non sappiamo, ad oggi, come cambierà la politica francese dopo le elezioni. Molto dipenderà da chi andrà al ballottaggio”.
Nella difesa comune che ruolo ha l’Italia?
“L’Italia è marginalizzata. Si è sempre detta a favore di una difesa comune, ma alla fine si è aggregata alle proposte fatte da altri. Scontiamo due problemi: una spesa sulla difesa bassa e in continua diminuzione e la mancanza di un serio dibattito politico”.
E il Regno Unito dopo la Brexit?
“Il coinvolgimento nell’architettura di sicurezza europea è un tema in discussione già dalla Brexit e non si rivelano incompatibilità. Le prospettive sono rassicuranti”.