Il Regno Unito entra in guerra contro lo Stato islamico. I Tornado britannici hanno ricevuto venerdì il via libera dal parlamento per colpire obiettivi militari sul territorio iracheno e – proprio ieri – hanno portato a segno il primo colpo: secondo l’agenzia irachena Nina, 9 jihadisti sarebbero stati uccisi in seguito al bombardamento delle roccaforti dell’organizzazione nei pressi del villaggio di Sada.
Non va dimenticato che i caccia britannici, prima di effettuare il battesimo del fuoco, hanno compiuto missioni di ricognizione sui cieli iracheni per sei settimane, sono infatti frequenti i raid che si concludono senza sgancio di bombe proprio per la mancanza di intelligence e obiettivi sicuri.
Il presidente degli Usa Barak Obama ha comunque espresso apprezzamento per l’avvio dei raid britannici, ricordando il valore di un impegno collettivo contro il “cancro” dell’Is. La coalizione anti califfato annovera ormai oltre 40 stati, ma non tutti partecipano attivamente ai bombardamenti: molti paesi del Golfo Persico per ora mettono a disposizione solo le basi militari, mentre l’Italia contribuirà all’azione militare –come ha dichiarato il ministro della Difesa Pinotti- con un aereo da rifornimento e alcuni addestratori.
Per quanto non si possa dire che l’Italia sia in prima linea nella guerra allo Stato islamico, non manca una certa preoccupazione per gli attentati che potrebbero essere compiuti come ritorsione nel paese sede della cristianità. Un comitato di analisi strategica antiterroristica monitora le possibili minacce riunendosi ogni settimana. Come fa sapere il ministro degli interni Angelino Alfano, sarebbero 48 i combattenti “legati in qualche modo all’Italia in termini di transito o in termini di passaggi vari effettuati nel nostro Paese”.
L’allerta terrorismo insomma c’è, ed è elevato. Lo dimostra anche il cambio di rotta della Turchia, che fino a poche settimane fa aveva “tollerato” gli sconfinamenti dei jihaidisti siriani sul proprio territorio ma ha deciso adesso di dare un giro di vite: secondo varie fonti, Ankara avrebbe schierato proprio in queste ore decine di carri armati lungo il confine siriano, non lontano dalla città curda di Kobane. Il cambio di rotta va letto anche alla luce del summit della Nato in Galles di inizio settembre, nel quale è stato chiesto alla Turchia di ricoprire un ruolo centrale in funzione anti terrorismo
Raffaele Sardella