Cento anni fa nasceva Karol Wojtyla, il Papa santo, gigante della fede e della storia. Ricordato per il suo impegno nei confronti dei giovani e delle famiglie, il primo a viaggiare in tutto il mondo e a lanciare un anatema contro la criminalità organizzata. Abbiamo provato a ricordarlo insieme allo storico Alberto Melloni.
Un Papa che ha portato tante novità nella Chiesa: la più grande rivoluzione di Papa Giovanni Paolo II?
“È stato un pontificato lungo e complesso. Oggi più che mai si vede il suo coinvolgimento nel cambiamento dei grandi paradigmi storici, la fine dell’impero sovietico o l’11 settembre. Ha pubblicato tante encicliche che hanno cambiato ila comunicazione del pontefice, prima le parole erano misurate. Si è certamente mosso in un quadro internazionale e alcune cose più durature dalla rivoluzione sulle Canonizzazioni alle affermazioni sulla perdita dell’alleanza con Israele”.
È stato capace però di ricucire il rapporto sull’ebraismo.
“Certamente. Di fondamentale importanza il discorso pronunciato in sinagoga nel 1983: in quell’occasione disse che l’alleanza di Israele è eterna. Poi quel gesto simbolico di portare a Gerusalemme quel foglietto, il mea culpa della Chiesa che fu fortemente contestato dal collegio cardinalizio”.
In che modo ha cambiato il rapporto della Chiesa con i giovani?
“I giovani sono il terreno dove si combatte la grande battaglia per il futuro, per l’egemonia sulla società. Giovanni Paolo II ha dedicato nuova attenzione alla categoria attraverso un grande impegno organizzativo che ha preso il posto, in molti paesi, di un grande impegno educativo con la fondazione di scuole e università. Giovanni Paolo II si si è impegnato nei grandi eventi di massa e ha puntato sul rapporto diretto con le folle e i corpi, ha inventato una sua grammatica che in 27 anni ha portato alla creazione di quelli che vengono chiamati – con un’espressione un po’ volgare – i papa boys”.
È stato il primo pontefice straniero dopo 400 anni, cosa ha significato la sua elezione?
“Per l’Italia è stato l’inizio di una stagione quarantennale in cui il rapporto fra società italiana e la Chiesa si sono dovuti muovere su registri nuovi. Wojtyla non aveva mai vissuto in una democrazia, è vissuto con l’occupazione nazista e poi comunista. Quando è diventato Papa ha realizzato una costituzione per il Vaticano per la quale il Papa ha tutti i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario. Ha dato vita alla lunga stagione ruiniana dove ha avuto bisogno che qualcuno gli spiegasse l’Italia e qualcuno che spiegasse lui all’Italia”.
Parliamo per un attimo del suo ruolo politico.
“Mi sembra che ci sia una sorta di ignoratio elenchi un po’ affettuosa da parte di chi gli accredita grandi meriti nella caduta del comunismo. Se c’è una cosa di cui Wojtyla era convinto, era che il comunismo sarebbe caduto da solo. La cosa su cui ha avuto un ruolo è che questo sia avvenuto senza un bagno di sangue. C’è un racconto che girava in Segreteria di stato ai tempi di Casaroli, non so se sia vero. Pare che la sera della caduta del Muro di Berlino avesse convocato proprio Casaroli, lo fece sedere sul divano con il televisore acceso e disse: “Guardi lei che credeva all’immortalità del comunismo” “.
Nel 1981 l’attentato ha cambiato il suo pontificato?
Credo che ci sia un prima e un dopo il 1981 soprattutto per la morte del cardinal Wyszyński. In Polonia il patriarca è più importante del Papa. Chiaramente però quell’evento lo ha portato a percepire se stesso come un sopravvissuto. Il 2000 è diventato un orizzonte mistico con cui misurarsi, anche se malato non si è dimesso. Da una funzione così importante non ci si dimette se non quando si ha la forza di farlo. Una decisione di questo tipo non può essere motivata dalla debolezza”.
Proprio oggi Mehmet Ali Ağca, il suo attentatore, ha ringraziato Wojtyla e ha poi aggiunto che l’impero sovietico aveva un piano preciso per ucciderlo.
“Credo che piuttosto che ringraziare avrebbe dovuto dire qualche verità in più. Accolgo le sue parole sul Papa con freddezza. Sulla questione dei mandati è evidente che quello che conosciamo è esiguo, certo è che gli interessi erano equipollenti e contrapposti. È evidente che l’interesse americano a far ricadere la colpa sui sovietici e l’interesse dei sovietici a liberarsi del Papa polacco erano perfettamente simmetrici.