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Papa Francesco verso una rapida beatificazione di Monsignor Romero, l’arcivescovo “outsider” di San Salvador

di Alessandra D'Acunto23 Aprile 2013
23 Aprile 2013

Una pratica aperta più di quindici anni fa bloccata per evitare strumentalizzazioni politiche. Della causa di beatificazione di monsignor Romero si erano interessati anche Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ma oggi è Papa Francesco a farla tornare operativa, dopo anni di stasi.
Considerato il martire della chiesa dei poveri e della teologia della liberazione, l’arcivescovo di San Salvador fu ucciso nel 1980 da un cecchino mentre celebrava la messa nella cappella di un ospedale. Il suo impegno nel denunciare le disuguaglianze sociali nel continente latinoamericano e le violenze della dittatura del suo Paese era evidentemente molto scomodo.
Oscar Arnulfo Romero, già martire per le chiese anglicana e protestante, che lo festeggiano il 24 marzo, giorno della sua morte, è tornato ieri nelle parole dell’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia. “La causa di beatificazione è stata sbloccata” ha detto l’arcivescovo, esponente della Comunità di Sant’Egidio, a Molfetta, provincia di Bari, in occasione dei vent’anni dalla morte di un altro sacerdote che aspetta di essere beatificato, don Tonino Bello. Parole che esprimono una volontà di Papa Francesco, con il quale Paglia ha avuto un incontro privato pochi giorni fa. Il presidente del Pontificio Consiglio della Famiglia ha inoltre ricordato quanto l’arcivescovo salvadoregno ritenesse importanti le disposizioni del Concilio Vaticano II, che “chiede a tutti i cristiani di essere martiri, cioè di donare la vita”.
Perché la beatificazione di questo personaggio ha incontrato tante resistenze? Il messaggio di Romero aveva in sé un orientamento politico che in qualche modo intimoriva le gerarchie cattoliche: l’ostinazione della sua denuncia nei confronti di militari, paramilitari e squadroni della morte per le uccisioni degli oppositori politici provocarono quelle che poi vennero definite “incomprensioni conla CuriaRomana” e che contribuirono al suo isolamento.
La dichiarazione dell’unico condannato per la morte di Monsignor Romero, Alvaro Rafel Saravia, che nel2010 hafinalmente confessato di aver ucciso l’arcivescovo “in odium fidei”, ossia in ragione della sua fede, aveva riportato l’attenzione sul caso della sua beatificazione. Ma, per “rilanciare” un outsider come fu l’arcivescovo di San Salvador, ci voleva evidentemente un outsider come Papa Francesco.

Alessandra D’Acunto

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