Papa Francesco, all’anagrafe argentina Jorge Mario Bergoglio, classe ‘36, ha deciso di mantenere vivo il legame con il suo paese natale, richiedendo il rinnovo del passaporto presso gli uffici dell’ambascia argentina, nonostante avesse a disposizione quello diplomatico che gli concedeva gli stessi diritti degli altri capi di stato, quali, immunità diplomatica e l’esenzione da certe formalità, come ad esempio, la perquisizione dei bagagli.
Le istituzioni di Buenos Aires hanno espresso soddisfazione e orgoglio, come sottolineato dal ministro degli Interni Florencio Randazzo, nell’apprendere la notizia e si sono attivati immediatamente, con l’ambasciatore Juan Pablo Cafiero, per svolgere le pratiche burocratiche, ossia registrare le impronte digitali del Vescovo di Roma, la fototessera e la firma digitale sul computer portatile dell’ambasciata. Normalmente nelle fotografie per i documenti ufficiali il capo deve essere scoperto, ma si contempla un’eccezione “per ragioni religiose”, come specificato da una normativa del governo argentino del 2011. Il Papa, inoltre, non ha richiesto alcun trattamento di favore, chiedendo esplicitamente di voler rispettare i normali tempi di attesa per i documenti e volendo pagare il rinnovo, circa 40 euro, come tutti i “normali” cittadini argentini.
Quest’ultima scelta del Papa prosegue coerentemente lo stile adottato sin dall’inizio del suo pontificato, definito, in un recente messaggio per la prossima Quaresima, “Lo stile di Dio, che non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà, così come ha fatto Cristo per rendersi in tutto simile a noi”.
Il messaggio è chiaro: la Chiesa, intesa come istituzione, deve “mettersi in mezzo alla gente, in mezzo ai peccatori”, solo così potrà operare a tu per tu con la Chiesa costituita dalla moltitudine di cristiani che la compongono e “andare verso i poveri e i peccatori come il pastore va verso la pecora perduta”.
