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HomeCronaca Pagnoncelli: “Il finanziamento pubblico ai partiti è da sempre un tabù per gli italiani”

“Il finanziamento pubblico
ai partiti è da sempre
un tabù per gli italiani”

Pagnoncelli, sondaggista di Ipsos

“La politica rincorre l'antipolitica”

di Antonio Fera28 Febbraio 2025
28 Febbraio 2025

Nando Pagnoncelli (Ipsos)

“Il finanziamento pubblico ai partiti è da sempre un tabù per gli italiani”. Nando Pagnoncelli, presidente e ad di Ipsos Italia, spiega a Lumsanews come il dibattito sulle forme di sostentamento della politica sia strettamente legato all’orientamento dell’opinione pubblica.

A inizio dicembre del 2024, il governo, attraverso la riformulazione di un emendamento di Pd e Avs al decreto “Fisco” del 26 novembre, ha provato a innalzare da 25 milioni a più di 40 lo stanziamento previsto dal 2 per mille ai partiti. Tentativo poi bloccato dal presidente della Repubblica. Ipsos ha svolto sondaggi su questo avvenimento?

“No, ai tempi non avevamo ricevuto richieste di sondaggio. Però posso dirle che, sulla base della mia esperienza nel settore, il livello di competenza che le persone mostrano rispetto ai temi di cui stiamo parlando è davvero basso”.

C’è un dibattito in Italia sull’argomento?

“No. Anche se purtroppo nel nostro Paese si ha una percezione largamente distorta dei costi della politica”.

Si spieghi meglio.

“I cittadini pensano che tutto ciò che riguarda i partiti preveda costi troppo elevati. Cito un esempio: ricordo una ricerca svolta da Ipsos nel 2012 in cui si chiedeva agli italiani cosa avrebbero fatto per rimettere a posto i conti dello Stato. Nessuno ha risposto che avrebbe venduto una parte del patrimonio pubblico o che avrebbe privatizzato alcune aziende partecipate. L’83% degli intervistati avrebbe ridotto il numero dei parlamentari e avrebbe tagliato i privilegi della politica”.

Poi, però, su impulso del M5S il taglio dei parlamentari è diventato una riforma

“Sì, il paradosso italiano è quello della politica che rincorre l’antipolitica. Il cittadino che reclama l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, alla fine, non si rende conto fino in fondo, o meglio, non è consapevole delle proprie responsabilità. Ma i partiti, invece, dovrebbero esserlo”.

Non crede che una riformulazione della legge del 2013 dovrebbe essere nell’interesse stesso dei partiti, oggi sempre più schiavi di finanziamento privato e autofinanziamento?

“Ma certo. I partiti sono un pilastro fondamentale della democrazia e la politica dovrebbe anche avere il coraggio dell’impopolarità. Non tutte le decisioni che possono essere adottate dal Parlamento devono necessariamente essere accompagnate dal consenso dei cittadini”.

Lei tornerebbe al sistema dei rimborsi elettorali?

“Io credo che si debba puntare su un finanziamento pubblico dei partiti che si ispiri alla Germania, dove il finanziamento privato è affiancato da quello pubblico. I partiti ricevono finanziamenti pubblici proporzionati ai voti ottenuti nelle elezioni federali e alle quote associative raccolte”.

Ma come si può rendere popolare il finanziamento?

“Parlando di politica e non solo di Palazzo e raccogliendo le istanze, i bisogni e le aspettative dei cittadini sul territorio”.

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