ROMA – L’integrazione culturale dei minori stranieri inizia dai primissimi anni di vita, ma è ancora troppo netta la differenza tra l’educazione prescolare dei bambini italiani e quella dei coetanei senza cittadinanza. È questa l’estrema sintesi dell’ultimo rapporto dell’Osservatorio povertà educativa #conibambini realizzato da Openpolis insieme all’impresa sociale Con i Bambini. E mentre il dibattito sullo Ius Scholae alimenta il dibattito politico, il quadro sull’educazione della prima infanzia tracciato dai dati fa emergere alcune sostanziali problematiche sommerse.
Meno dell’80% dei bambini stranieri frequenta scuole d’infanzia
Secondo quanto risulta dai dati raccolti nel rapporto, meno dell’80% dei minori stranieri frequenta scuole d’infanzia, contro il 95% dei bambini italiani. Senza il primissimo accesso all’istruzione, i minori senza cittadinanza potrebbero, come ampiamente dimostrato dalla letteratura scientifica e pedagogica, rendere il processo di integrazione radicalmente più difficile negli anni successivi. Oltre, ovviamente, a essere una delle cause principali dei ritardi di apprendimento scolastico, della difficoltà di relazionarsi con coetanei e con gli adulti.
Se i minori stranieri sono il 14% dei residenti tra i 3 e 5 anni, solo l’11,7% è iscritto a istituti pre-scolastici. Quasi due punti percentuali sotto cui potrebbero nascondersi (o anticipare) storie difficili di emarginazione sociale. Le conseguenze, secondo il rapporto, sono presto tracciate: ritardi ad apprendere la lingua, difficoltà nell’intessere relazioni sociali, incertezza sul proprio futuro. Tutti ostacoli al loro inserimento nel contesto sociale.
La relazione tra scolarizzazione e competenze alfabetiche
Nelle rilevazioni dell’Osservatorio la relazione tra inclusione e apprendimento è presto acclarata: a Prato, ad esempio, un residente su tre dai 3 ai 5 anni è straniero, ma solo un quarto è iscritto alla scuola d’infanzia. Ne deriva che proprio quella provincia toscana sia la seconda, nel centro-nord, con la quota più elevata di studenti con competenze alfabetiche non adeguate. Elemento che si ripercuote anche sui successivi gradi di istruzione e che non può essere dimenticato quando si parla di diritto allo studio e di integrazione.