NAPOLI – “Ho paura che mi faranno fuori”. Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso nel 2010 in un attentato di matrice camorristica, lo ripeteva spesso a chi gli era vicino prima della morte. È quanto emerge dagli ultimi sviluppi dell’inchiesta che ha portato ieri al fermo di quattro persone, tra cui il colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, accusate di omicidio volontario aggravato dal movente mafioso.
Gli arresti non chiudono, però, l’inchiesta che resta aperta per individuare gli esecutori materiali dell’omicidio. Nelle 400 pagine dell’ordinanza del gip di Salerno si legge che “gli esecutori materiali” del delitto restano infatti ancora ignoti. A ostacolare i giudici “il clima di particolare omertà” e i tanti depistaggi messi in atto anche da Cagnazzo per coprire il movente dell’omicidio, confinato al giro di droga sulla rotta Acciaroli-Napoli in cui erano coinvolti i quattro arrestati. Coperto dalla divisa che indossava, Cagnazzo era solito fare “un uso strumentale dei pentiti” per trasportare grandi quantità di stupefacenti.
Nel provare ad allontanare l’attenzione dei giudici dalla propria persona, il colonnello dei carabinieri cercava di rassicurare la figlia del primo cittadino di Pollica promettendole che avrebbe consegnato alla giustizia gli assassini del padre.
Da parte sua, Cagnazzo si è sempre difeso dichiarando la sua estraneità ai fatti anche se gli ultimi risvolti dell’inchiesta potrebbero mettere in discussione l’alibi costruito dall’ex carabiniere che nelle ultime ora ha ricevuto numerosi messaggi di solidarietà sui social.