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Oltre Bibbiano, il rischio di demonizzare gli affidi

di Flavio Russo10 Ottobre 2019
10 Ottobre 2019

La fiaccolata tenutasi dopo le rivelazioni dell'inchiesta 'Angeli e demoni', relativa ad un presunto giro di affidi illeciti, Bibbiano (Reggio Emilia), 20 luglio 2019. ANSA/STEFANO ROSSI

Lo scorso 31 luglio, in piena bagarre mediatica per lo scandalo degli affidi illeciti di minori nel comune emiliano di Bibbiano, il Movimento 5 stelle ha presentato a Montecitorio un progetto di legge per modificare la legge 4 maggio 1983, n.184 , in materia di affidamento di minori, prima firmataria la deputata Stefania Ascari.

La proposta segue di qualche giorno il disegno di legge presentato, stavolta al Senato, dalla Presidente della Commissione Bicamerale per l’Infanzia, Licia Ronzulli, Forza Italia. Volontà dichiarata quella di “mettere uno stop definitivo allo strapotere dei servizi sociali sulla scelta del collocamento in caso di affido”, come la senatrice ha dichiarato al sito quotidiano.net.

Il disegno a firma cinquestelle, in questi giorni al vaglio delle commissioni, cerca di porre un argine alla possibilità che si verifichino nuovamente altri casi come quelli di Bibbiano. L’antidoto individuato dal Governo è quello di limitare quanto più possibile il ricorrere all’istituto dell’affido, considerata la terapia estrema per la salvaguardia del minore, come per altro già previsto dall’attuale legge in materia. La riforma prevede di limitare il potere decisionale dei giudici, introducendo delle fattispecie che indichino le condizioni per la revoca dell’affidamento ai genitori. Rimane però il giudice a valutare nel merito la condotta dei genitori. Il rischio è quello di cambiare la forma senza intaccarne il contenuto. Viene inserito il contraddittorio delle parti (giudice, genitori e figli) per la convalida dell’affido, entro 45 giorni dal provvedimento del tribunale. Nell’intenzione di dare maggior peso al parere dei figli, la riforma prevede la sospensione dell’esecuzione quando il minore si oppone in maniera evidente alla disposizione del giudice. Una fattispecie che però non fa differenze in base all’età dei minori, con la conseguenza che il parere di un adolescente potrebbe di fatto avere lo stesso peso di quello di un bambino dell’asilo. Intaccato anche il sistema di assegnazione dei fondi: si passa ai rimborsi delle spese sostenute, che dovrebbero essere rendicontati dalle strutture affidatarie. Un modo per bloccare la possibilità di lucrare sulle risorse destinate al mantenimento dei ragazzi, ma che rischia di diventare un ulteriore onere per famiglie e istituti.

I fatti di Bibbiano hanno evidentemente veicolato una decisa attenzione verso il sistema degli affidamenti dei minori in Italia, come evidenziato dalle due proposte di legge. Se è vero che dalle indagini sulla vicenda Bibbiano e da precedenti inchieste in Emilia Romagna sarebbero emerse criticità del sistema, è necessario sottolineare che questo istituto in Italia è tutt’altro che abusato rispetto agli altri principali Paesi europei, come dimostrano i dati presenti nella relazione sullo stato di attuazione della legge sull’affidamento dei minori n. 149 del 28 marzo 2001, elaborata dal Ministero della Giustizia e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali relativamente al biennio 2014-2015:

Tra quelli che per censo e composizione si avvicinano di più all’Italia, il nostro è quello in cui la media di minori mandati in affidamento al di fuori del nucleo familiare è decisamente la più bassa, con soli 2,6 minorenni dati in affidamento per ogni 1000 under 18, contro i 9,6 della Germania in testa alla classifica e i 3,9 della Spagna, il paese che dopo l’Italia ha il minor numero di affidi in relazione alla popolazione.

“C’è poi da valutare in quali condizioni avvengono i gli affidi”, ci racconta Maurizio Cartolano, responsabile dell’ufficio di coordinamento cittadino interventi e servizi per la minore età e l’affidamento familiare del Comune di Roma. “Bisogna distinguere tra gli affidi che vengono effettuati in comune accordo con le famiglie di origine e quelli che vengono di-sposti invece in maniera coatta dal Tribunale dei minori per casi estremi, così come prescritto dall’articolo 403 del codice civile. I servizi sociali indicano un percorso terapeutico per i minori, ma anche per le famiglie che devono poter garantire ai ragazzi le condizioni per crescere serenamente”.

Non tutti gli affidi quindi avvengono con procedimenti unidirezionali da parte del Tribuna-le e su segnalazione dei servizi sociali. “Capita poi che siano i tribunali a disporre l’affido anche per casi in cui per gli assistenti sociali non sussistono le condizioni”, dice Cartola-no, “Ad esempio laddove il minore è prossimo alla maggiore età o quando l’affido non è una condizione terapeutica sufficiente per il recupero”.

Conoscere quanti sono i casi di allontanamento a seguito dell’applicazione dell’art. 403 è comunque quasi impossibile, perché a oggi in Italia non esiste una forma di catalogazione nazionale dei dati sugli affidi che raccolga questo genere di informazioni. Attualmente le schedature vengono fatte solo dai Comuni, organi che si occupano dei servizi terapeutici per i minori. Un problema vero, che potrebbe essere superato con l’istituzione di un registro nazionale sugli affidamenti come proposto dal disegno di legge presentato dalla senatrice Ronzulli.

Il caso Bibbiano ha posto al centro dell’attenzione la questione della salvaguardia dell’integrità del nucleo familiare. L’allontanamento dei minori dalle famiglie per periodi di tempo che in molti casi superavano i 24 mesi previsti come limite massimo dalla legge sugli affidamenti, ha suscitato molte polemiche. Proroghe sono previste ma solo in casi particolari.
“L’eccezionalità in realtà spesso e volentieri diventa la normalità”, ci dice la dottoressa Silvia Martina, assistente sociale municipale al Comune di Afragola, in provincia di Napoli. “In una situazione di diffusa difficoltà socio-economica (il consiglio comunale di Afra-gola è stato sciolto due volte per infiltrazioni mafiose negli ultimi 20 anni, ndr), le proroghe degli affidi oltre i termini di legge sono l’unica alternativa valida per dare continuità al percorso terapeutico e sociale dei minori”. Una tesi confermata anche da Cartolano: “Bisogna considerare che l’affido è una forma di recupero non solo per i ragazzi, ma anche e soprattutto per le famiglie. Il lavoro di quest’ultime è spesso difficile, si pensi ai casi di tossicodipendenza: lì a volte i canonici 24 mesi non bastano, perché magari un genitore ha delle ricadute e allora bisogna ricominciare tutto da capo”.

Fonte: Istituto degli Innocenti di Firenze. Dati al 31/12/2016.

Sui 26 615 minori in affidamento censiti in Italia per l’anno 2016, 14 012 risiedono presso famiglie, mentre i restanti 12 603 sono dislocati in strutture per l’affido. La legge sugli affidamenti indica ai tribunali di preferire come destinazione finale per i minori sistemazioni intrafamiliari, per cercare di preservare la socialità familiare anche in caso di affido.

“Le situazioni però vanno analizzate caso per caso” spiega Cartolano, “a Roma sui circa 500 ragazzi in affidamento, oltre i due terzi sono intrafamiliari e molte delle famiglie affidatarie sono effettivamente individuate tra i parenti dei giovani (così come previsto dalla legge, ndr). A volte però, anche se numericamente ci sarebbe la possibilità di collocare i ragazzi in famiglia, sopraggiungono incompatibilità con i nuclei familiari di destinazione ed è necessario affidarli alle strutture”.

“In casi come il nostro”, osserva invece la dottoressa Martina, “non sempre si riesce a raggiungere un numero di famiglie disponibili tale da riuscire a collocare tutti i minori in casa. Abbiamo 17 ragazzi sistemati in intrafamiliare, 25 in strutture in regime semiresidenziale che di sera tornano a casa. Sessanta, invece, collocati in strutture per allontana-menti disposti con procedura del tribunale”.

COSA È SUCCESSO A BIBBIANO

Il caso di Bibbiano (comune della Val d’Enza, in provincia di Reggio Emilia), è scoppiato dopo che l’inchiesta “Angeli e Demoni”, condotta dai carabinieri di Reggio, ha portato all’arresto in forma cautelare di 17 tra assistenti sociali, psicologi dei servizi sociali della Val d’Enza, psicoterapeuti della onlus “Hansel e Gretel” e il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, rilasciato poi lo scorso 20 settembre. Gli indagati sono accusati di aver costruito un sistema illegale, che permetteva attraverso i pareri alterati da psicologi conniventi, di avviare provvedimenti di allontanamento dei minori dalle famiglie in favore di altre coppie affidatarie, così da trarre profitto dai fondi destinati al mantenimento dei minori. Le segnalazioni che arrivavano agli assistenti sociali, venivano gonfiate ad arte dagli psicologi, che indirizzavano le sedute con i minori in modo che si presentassero “elementi indicativi anche labili di abusi sessuali”, che portavano alle immediate decisioni di allontanare i ragazzi dalle famiglie da parte del tribunale. A gestire i bambini era la onlus “Hansel e Gretel”, diretta dallo psicoterapeuta Claudio Foti, specializzato in casi di abusi sui minori. La onlus effettuava sedute private di psicoterapia sui ragazzi, che venivano pagate dal Comune circa 135 euro l’una, a fronte dei 60/70 euro della media nazionale e malgrado le Asl eroghino il servizio gratuitamente. In questa prospettiva il Sindaco Carletti è accusato di abuso di ufficio per aver concesso il servizio di assistenza ai minori alla onlus di Foti senza aver indetto una gara pubblica. Pare ancora che alcuni bambini siano stati abusati durante il periodo di affido.

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