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"Oggi non esiste più
la tensione politica
di quarant’anni fa”

Il responsabile di Blocco Studentesco

“Basta stigmatizzare idee diverse”

di Maria Sole Betti06 Marzo 2023
06 Marzo 2023

Sergio Filacchioni ha 24 anni ed è il responsabile del Blocco Studentesco Nazionale. A Lumsnews ha spiegato cosa spinge un giovane verso l’impegno politico e che cosa è cambiato rispetto al passato.

Che cosa porta un giovane nel 2023 ad avvicinarsi alla militanza politica e qual è l’età dei vostri militanti?

“Io mi sono avvicinato alla politica quando avevo 16 anni. L’ho fatto perché avevo voglia di impegnarmi nella mia scuola e di farlo con il blocco studentesco perché personalmente reputavo fossero quelli che meglio sapessero incarnare uno spirito giovanile. Il blocco oggi conta su una fascia d’età che va dai 16-17 anni ai 25-26 anni, quindi non solo studenti, ma anche universitari o addirittura giovani lavoratori”.

Negli ultimi anni l’impegno politico dei giovani si è dedicato maggiormente alle battaglie civili. La vostra invece è un’azione rivolta al sociale? 

“Noi abbiamo sempre cercato di portare avanti una battaglia per gli studenti. Ci definiamo sindacato studentesco. Ci occupiamo della rappresentanza dentro le scuole o delle battaglie sull’edilizia scolastica, sui libri di testo o sugli affitti universitari. Insomma cerchiamo sempre di dare un’impronta sociale alle nostre battaglie. Negli ultimi anni la mobilitazione giovanile è stata un po’ eterodiretta, come nel caso dei primi scioperi dei Fridays for future, in cui l’impegno studentesco era accompagnato da un impegno istituzionale, facendo perdere di senso la protesta. In ogni caso molte battaglie, per esempio sull’ambiente, sono più che condivisibili”. 

A proposito di battaglie, c’è stata una ripresa concreta dell’iniziativa politica dopo il lockdown? 

“Il lockdown ha fermato un po’ tutto, ha ucciso lo spirito della comunità scolastica, allontanando ancora di più i ragazzi e portando a un disimpegno totale. Ma noi di Blocco studentesco abbiamo tenuto viva l’attività. Quando siamo tornati dentro la scuola, abbiamo cercato di spingere gli studenti a riscoprire l’impegno e il valore della partecipazione alla politica studentesca. È stato difficile e anche un processo molto lento, ma siamo riusciti a tornare a fare politica, forse come facevamo prima”.

Come movimento studentesco cercate di smarcarvi dal passato, evitando di scivolare nella spirale della violenza?

“Noi non siamo nostalgici, perché sono tempi che non abbiamo mai vissuto. In Italia solo 40 anni fa ci sono state stagioni politiche ben più tese, ma oggi quel tipo di tensione politica non è più possibile perché non ci sono più i presupposti, in primis della lotta armata. C’è un altro tipo di violenza però, quella burocratica, di chi cerca di bloccare il fermento giovanile rispetto ad alcune tematiche. Nelle scuole e nelle università non ci si può esprimere liberamente come si dovrebbe perché ci sono presidi o rettori che fondamentalmente sono commissari politici. Quindi davanti a un impegno di studenti non conforme alle loro idee, si sentono autorizzati a esiliarli e stigmatizzarli come il male assoluto. Questo è un comportamento che genera tensione politica e violenza. Ma soprattutto commette un grosso crimine contro la politica, perché invita i giovani a non impegnarsi”.

Quindi è questa la ragione del vostro striscione appeso contro la preside a Firenze? 

“In realtà non è stato uno striscione contro la preside. Il messaggio più universale che abbiamo cercato di mandare è che chiunque cerchi, tramite la propria carica pubblica, di orientare una scuola in un senso o nell’altro, deve essere combattuto. Questo atteggiamento lede chiunque si voglia impegnare, perché basta non essere allineati con il pensiero della preside e si finisce per essere esiliati. Ma questo è un grandissimo danno perché continuerà ad alimentare la tensione”.

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