Un aumento dei tassi di interesse di 75 punti base. È questa la mossa più probabile che oggi verrà presa dalla Banca centrale europea per contrastare l’inflazione dilagante, arrivata al 9,1% ad agosto. Il board della Bce, capeggiata da Christine Lagarde, si riunisce oggi a Francoforte per decidere e trovare un compromesso tra chi vuole una forte stretta e chi invece la giudica eccessiva.
Domani, invece, sarà il turno del Consiglio dei ministri Ue dell’energia, durante il quale verranno discusse le misure a livello comunitario sul gas e l’elettricità. Ci si prepara allo scenario peggiore: la chiusura dei rubinetti di combustibile fossile da parte del presidente della Russia Vladimir Putin. I siti di stoccaggio dei Paesi europei sono pieni in media all’82,5%, ma le istituzioni di Bruxelles vogliono avere sicurezze. L’ipotesi più accreditata è quella di introdurre un price cap al metano russo, 35 euro a megawattora, e all’energia elettrica derivante da fonti alternative, di 200 euro. Una soglia massima che servirebbe a fissare anche i potenziali extra profitti da tassare e da riversare alle famiglie o le imprese più in difficoltà. La Commissione europea non per forza avrà bisogno del voto all’unanimità, visto il carattere temporaneo e emergenziale della misura.
L’attesa per le decisioni della Bce e di Bruxelles ha già avuto ripercussioni sui mercati. In una settimana il prezzo del gas a megawattora è calato di oltre il 35%, dopo il picco dello scorso lunedì 5 settembre. Sul mercato di Amsterdam, riferimento europeo, il prezzo è sceso, seppur di poco (199,8) e per breve tempo, sotto i 200 euro. Una quota che non veniva oltrepassata dallo scorso 9 agosto. Oscillazioni causate anche dall’annuncio di Gazprom, società russa, della chiusura del gasdotto Nord Stream 1, l’infrastruttura energetica che collega la Russia all’Europa.