Per l’Ocse è l’Italia il paese con la maggiore spesa per le pensioni di reversibilità rispetto al Pil. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico lo scrive nell’Outlook Pensions 2018 e sottolinea che nel 2017 il nostro Paese ha speso oltre il 2,5% del Pil per queste pensioni. La media calcolata sui 35 paesi membri dell’area Ocse è dell’1%. Al secondo e al terzo posto dopo l’Italia si trovano la Grecia e la Spagna. I più virtuosi di questa classifica sono invece Australia, Canada e Regno Unito che spendono meno dello 0,5% del Pil per questo provvedimento.
Secondo l’organizzazione internazionale di studi economici Ocse il dato italiano è legato anche alla bassa occupazione femminile, solo al 49% nel nostro paese stando ai dati Istat del 2017. “Le pensioni di reversibilità sono importanti ma servirebbero dei correttivi per evitare che disincentivino il lavoro e avvantaggino le coppie rispetto ai single” – sottolinea nella relazione l’Ocse. “I destinatari di una pensione di reversibilità – continua l’Organizzazione – non dovrebbero averla prima dell’età per il ritiro”.
L’ente internazionale diretto da Anthony Rottier propone, in alternativa, di prevedere benefici temporanei per adattarsi alla nuova situazione. Qualora si attuasse una riforma per ridurre la spesa si beneficerebbero, secondo l’Ocse, le pensioni dei single che “dovrebbero essere superiori a quella di uno che vive in una coppia e che beneficia di una pensione ai superstiti”.
Lo Stato italiano nel 2016 ha speso circa 307 miliardi di pensioni e i numeri potrebbero di gran lunga appesantirsi qualora dovesse realmente attuarsi con l’approvazione della manovra la proposta di riforma pensionistica “Quota 100”, vero cavallo di battaglia del governo guidato da Giuseppe Conte.