HomeEconomia Obama vuole 5 miliardi da Standard&Poor’s: “provocò la crisi”

Obama vuole 5 miliardi da Standard&Poor’s: “provocò la crisi”

di Manuela Moccia06 Febbraio 2013
06 Febbraio 2013

Cinque miliardi di dollari. È questa la somma che l’amministrazione Obama ha chiesto come risarcimento alla Standar&Poor’s. Si tratta della prima causa intentata da autorità federali contro una grande agenzia di rating, una causa civile alla quale partecipano 16 stati, il distretto di Columbia e quello della capitale, Washington. L’accusa è quella di aver sopravvalutato alcuni titoli immobiliari, contribuendo in maniera determinante a scatenare la crisi dei mutui subprime nel 2008.
Una crisi alla quale – secondo il Dipartimento alla giustizia americano – il colosso del rating avrebbe ampliamente contribuito gonfiando le valutazioni di alcuni mutui ipotecari, pur essendo a conoscenza dei rischi che di lì a poco avrebbero portato alla più grande recessione della storia recente. L’annuncio è venuto direttamente dal Segretario alla Giustizia Eric Hold che ha parlato di prove raccolte da una task force di inquirenti federali da marzo ad ottobre 2008.
“In quell’arco di tempo – ha spiegato il ministro della giustizia – quasi ogni titolo che aveva come contropartita un credito verso i titolari di mutui, e che fu valutato coi rating della S&P, non solo ebbe risultati molto inferiori alle aspettative, ma finì per fallire”.

“Accuse false e immotivate”, questa la risposta della Standard&Poor’s, che in una nota replica al governo americano ribadendo il suo impegno, anche nel 2007, a “garantire gli interessi degli investitori e di tutti gli attori del mercato, fornendo opinioni indipendenti sul valore dei prodotti finanziari sottoposti alla sua valutazione”. Voti – assicurano dalla Standard&Poor’s Rating Services, società controllata da The McGraw-Hill Companies – sempre “basati sulle informazioni disponibili”. Informazioni che nel luglio 2007 ancora consideravano le obbligazioni strutturate basate su prezzi dei mutui subprime a tripla A, prodotti che solo un mese dopo sono diventati carta straccia. Mentre alla Lehman Brothers il 15 settembre 2008, giorno del suo fallimento, non erano rimasti più soldi in pancia, ma soltanto la bella A maiuscola della votazione rating che non aveva subito nessun downgrade.

Alla base di questi meccanismi un circolo vizioso di conflitti d’interesse. Sono società private che allo stesso tempo svolgono il loro lavoro per profitto e regolano il  mercato. Le agenzie di rating infatti sono pagate dalle stesse società che devono valutare, mentre i principali azionisti di questi colossi finanziari spesso e volentieri sono banche che prima di emettere obbligazioni chiedono una valutazione. Solo sui bond di molti paesi sovrani la votazione viene emessa gratuitamente. Per questo circola il sospetto che le agenzie siano meno rigorose con i privati rispetto ai criteri ferrei usati per gli stati. E ancora si pensa al perché questa causa sia arrivata ben 7 anni dopo l’inizio della crisi. Molti pensano ad una “vendetta” di Obama, visto che in campagna elettorale la realtà di Wall street si è schierata con grossi fondi finanziari in favore del suo avversario Mit Romney. Altri pensano al downgrade americano di questa estate: per la prima volta nella sua storia l’America vedeva declassare la sua situazione di rating. Dalla classica tripla A, ad una AA+.

Manuela Moccia

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