Spese militari e Ucraina. Ma anche lavoro, crescita e conti pubblici. Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama era ufficialmente a Roma per l’incontro con Papa Francesco, ma ha colto l’occasione per discutere di questioni politiche con Giorgio Napolitano in tarda mattinata e con Matteo Renzi nel primo pomeriggio. E ne ha approfittato per indicare la linea che l’Italia dovrebbe adottare in particolare per rispettare l’impegno di componente della Nato.
Il tema degli investimenti sugli F35, gli aerei da guerra che da anni animano il dibattito in Italia, è stato al centro sia del colloquio col capo dello Stato sia di quello col premier. I numeri: l’Usa ha una spesa nel settore difesa che va dal 3 al 4 per cento del prodotto interno lordo mentre l’Italia è ferma al 1,7 per cento. Un divario troppo grande secondo Obama, considerato appunto la necessità di armonizzare gli investimenti tra i diversi partner del patto atlantico. Con buona pace di tutti gli italiani che da anni sostengono la politica del disarmo sia per il rispetto dell’articolo 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra”), sia per una necessità di intervenire sulla spesa pubblica in un momento di crisi generale. Matteo Renzi ha assicurato Obama sulla volontà del governo di mantenere i patti ma ha anche sostenuto la necessità di ridurre gli sprechi. Dichiarazioni che quindi riaprono tutta la partita sull’impopolare tema dell’acquisto di F35, già ridotto da 131 a 90 dal governo guidato da Mario Monti.
La questione sugli investimenti militari ha registrato, secondo le notizie diffuse a margine dell’incontro al Quirinale, “grande e reciproca comprensione” tra Obama e Napolitano. Ma il tema caldo imposto dall’attualità internazionale era ovviamente la crisi Ucraina. L’auspicio del presidente statunitense è quello di un’Europa che trovi una maggiore autonomia energetica per evitare di trovarsi a gestire situazioni di tensione, come quella che sta interessando la Crimea, con le mani legate da una dipendenza economica dalla Russia. Lo stesso Giorgio Napolitano ha provato a fare un passo in avanti sostenendo la necessità di “coinvolgere e responsabilizzare la Russia nel confronto con le molteplici sfide globali e minacce sulla sicurezza comune dalla lotta al terrorismo internazionale alla non proliferazione nucleare”. L’obiettivo quindi di Italia e Usa, emerso durante gli incontri di ieri a Roma, deve essere quello di superare il gelo con Putin, che ha avuto anche importanti ripercussioni sul G8, e ricoinvolgere la Russia nelle grandi decisioni di politica internazionale.
Durante l’Obama-day, si è parlato anche di riforme interne, in particolar modo quelle riguardanti economia, crescita e lavoro che Matteo Renzi sta cercando di avviare. Il premier ha registrato un sostanziale appoggio da parte della Casa Bianca, ma anche in questi casi, con qualche appunto di metodo e merito che per forza di cose abbraccia anche i vincoli economici dell’Unione europea. “L’Italia – ha sostenuto il presidente americano – faccia uscire l’Europa da questa crescita a rallentatore”. Dunque fiducia da parte di Obama e pieno appoggio sulla necessità di far ripartire i consumi e di conseguenza l’occupazione. Ma attenzione a non rimanere strozzati da parametri stringenti sui conti pubblici che rischiano di bloccare la crescita. L’impressione è che Obama sostenga l’idea di una maggiore flessibilità sul rapporto deficit-pil, che in Italia è al 2,6 per cento e che nel rispetto del Trattato di Maastricht non può sforare il 3. Non appare casuale il fatto che il presidente statunitense abbia citato l’esempio americano: rapporto disavanzo-pil portato al 10 per cento che ha creato 8 milioni di nuovi posti di lavoro. Renzi ha preso appunti, ammettendo di ispirarsi al modello Usa.
Obama, che pure non ha dispensato la Germania della Merkel da qualche critica, sembra avere comunque fiducia nella crescita del soggetto Europa. E conta su una rapida chiusura dell’accordo di libero scambio. Renzi proverà a chiuderlo durante il semestre di presidenza italiana, anche se sarà molto difficile e potrebbe slittare al 2015.
Roberto Rotunno