E’ stato l’anno d’oro dei musei. Così ha definito il 2017 il ministro dei Beni e delle attività culturali, Dario Franceschini, che ha annunciato il superamento dei 50 milioni di visitatori e un incremento di 20 milioni di euro sugli incassi del 2016, arrivando a sfiorare i 200 milioni (dati Mibact). Eppure è del 3 gennaio scorso la lettera firmata da 80 accademici, tra cui ex-funzionari, archeologi e universitari, rivolta proprio al ministro, accusato di svendere la cultura. I firmatari condannano il concetto di “scindere la valorizzazione dalla tutela, premiando la prima e svuotando la seconda”.
LA LEGGE FRANCESCHINI. Il riferimento è alla legge 106 del 2014, promossa dal ministero della Cultura, che ha portato, nel quinquennio successivo, ai risultati di oggi. Tra le novità principali: un Artbonus del 65% per chi finanzia il mondo dell’arte, l’istituzione di un’annuale capitale italiana della cultura e l’autonomia riconosciuta a venti musei statali, con nuovi direttori incaricati tramite procedure di selezione pubblica. “Franceschini – insistono a tal proposito i promotori nella lettera – ha poi nominato nuovi direttori (molti stranieri) dei grandi musei, con mega-stipendi, spesso senza curricula adeguati. Spinti al profitto, costoro organizzano matrimoni, banchetti e feste di laurea, oltre a una quantità di mostre slegate dalla storia di quelle sedi”.
I NUOVI DIRETTORI. Molti i nomi noti: in primis quello di James Bradburne, nuovo direttore anglo-canadese della Pinacoteca di Brera, che ha dato al suo museo una svolta decisamente modaiola, con eventi a tema e copertura social, facendo registrare un sostanzioso aumento dei visitatori (345 mila nel 2017). Lo scorso 13 novembre, alla presenza del ministro, si è svolto a Roma il primo summit di confronto sulla legge Franceschini. Erano presenti tutti i nuovi direttori dei musei autonomi, sono stati celebrati numeri record: 45,5 milioni di visitatori e 175 milioni di euro di incassi. Cifre che dovrebbero testimoniare “una radicale inversione di tendenza”, secondo le parole del ministro. Ogni struttura ha ricevuto un nuovo imprinting, volto a stuzzicare la curiosità degli avventori e a creare una connessione “tra la sale e le strade”. Agli Uffizi, Eike Schmidt ha deciso di affittare alcune delle sale per feste di compleanno; il Museo Archeologico di Napoli si promuove tramite un’app videogioco ambientata al suo interno. Si chiama “Father and Son” ed ha collezionato 900 mila download. Alla Galleria Nazionale d’arte Moderna di Roma la mostra “Time is out of joint” è costata alla direttrice Cristina Collu 280 mila euro. Definita come “esordio rinnovato” della GNAM, questa esposizione lavora con gli spazi, producendo un vero e proprio spettacolo fisico per chi guarda. Un guadagno per tutti, sembrerebbe.
I NUOVI MUSEI. In un’intervista, il noto critico d’arte Jean Clair si scagliava contro questi nuovi “musei luna-park” e sosteneva: “I musei sono molto frequentati, come le spiagge, ma non sono più frequentabili”. Ugo Soragni, ex direttore generale dei musei, parlando all’Espresso disse: “Ma dobbiamo chiederci: quale crescita culturale segue a questo boom? Andare al museo può diventare di moda e non me ne lamento certo, anzi. Ma dovremmo recuperare anche l’obiettivo più ampio: dare spessore a queste presenze, proporre al pubblico un’idea, una scelta interpretativa. La missione del museo è educare e istruire”. Soragni ha lasciato questa estate il suo incarico ad Antonio Lampis, non prima di aver aspramente criticato la deriva commerciale dei luoghi di cultura.
Secondo il III Rapporto dell’Associazione Civita, dal 2009 al 2013 l’export di cultural goods (prodotti artistici, storici o archeologici destinati al consumo turistico) è cresciuto del 42,5% e quello dei servizi culturali ad essi associati in alcuni paesi europei sarebbe addirittura maggiore. Si evidenzia così una situazione in cui il network costruito intorno all’arte e l’uso che il “turista creativo” (chi, con strumenti digitali, desidera interagire con l’arte) ne fa, potrebbero concretamente sostenere l’economia di zone del Paese normalmente non classificate come “attrattive turistiche”. Nonché raddoppiare i guadagni delle zone già frequentate abitualmente.
LA SITUAZIONE ROMANA. Nella Capitale, specchio fedele del paese, questo trend sta letteralmente spopolando. “Roma è di per sé una città museo, – spiega a Lumsanews la docente di semiotica Isabella Pezzini – ospita alcuni monumenti che sono unici al mondo. Penso sia giusto offrire a chi la visita una certa varietà nell’offerta culturale e cercare anche di sperimentare nuove forme di messa in valore”. A partire dal Guido Reni district che ospita cinque mostre all’insegna dell’esperienza tattile, per arrivare al Chiostro del Bramante che ha accolto prima “Love” e poi “Enjoy”, due creazioni di Danilo Eccher in cui il visitatore diventa parte dell’opera d’arte con l’interazione di una foto. Ancora il Museo dell’Ara Pacis, che ha deciso di valorizzare l’opera permettendo allo spettatore di osservarla così come si presentava nel 9 a.C., con i colori di un tempo, usando la tecnologia della realtà aumentata tramite i visori Samsung GearVR. L’esperienza “L’Ara com’era” dura 45 minuti, contestualizzata dalle voci di Luca Ward e Manuela Mandracchia, e ha accolto 11 mila paganti solo nei primi tre mesi. “Un modo differente di visitare l’Ara, in cui in 45 minuti si apprende qualcosa per cui sarebbero necessarie almeno 50 pagine di libro” ha spiegato Orietta Rossini, la curatrice responsabile, a Lumsanews.
A Palazzo degli Esami, nel 2016, è stata istallata la “Van Gogh Alive”: una mostra multimediale che utilizza la tecnologia SENSORY4™, sistema unico che incorpora oltre 50 proiettori ad alta definizione e un suono surround in grado di creare uno dei più coinvolgenti ambienti multi-screen al mondo. Su via della Conciliazione, da qualche mese, è stato inaugurato un nuovo museo dedicato a Leonardo da Vinci. La “Da Vinci Experience”, tra le altre cose, propone una riproduzione a grandezza naturale dell’Ultima Cena ed una ricostruzione fedele di tutte le macchine progettate dall’inventore toscano. Il direttore del museo, Leonardo La Rosa, in un’intervista a Lumsanews ha chiarito: “Ritengo che la rivoluzione tecnologica sia una grande opportunità, non c’è uno svuotamento di contenuti, semmai linguaggi più fruibili (..). Crediamo con convinzione alla formula cultura-tecnologia-intrattenimento”.
ESPERIENZA O VISITA? “Esperienza”, questa parola torna a palesarsi in tutte le iniziative, le nuove mostre e le offerte culturali degli ultimi tempi. Sembrerebbe essere contemporaneamente la chiave di volta e la trappola in cui l’arte sta rischiando di bloccarsi. L’esperienza, per definizione, implica l’utilizzo di almeno tre dei cinque sensi umani. L’aggiunta quasi sistematica di un elemento tecnologico inserisce anche una nuova dimensione: quella virtuale, che si estende anche all’utilizzo dei social. Può questo arricchire il senso del nostro patrimonio culturale? Nonostante il dibattito sia ancora ben lontano da una soluzione, si può concordare con l’affermazione della dottoressa Rossini: “Ogni mezzo nel tempo deve trovare il suo linguaggio”.