“Il silenzio delle prime ore fu dettato dal rispetto e dal tentativo di capire cosa andava fatto”. Per la prima volta da 14 agosto quando crollò il ponte Morandi a Genova Gilberto Benetton rilascia un’intervistae lo fa con il Corriere della Sera. Cerca di difendere se stesso, la sua holding Edizione, che detiene il 30,25% del capitale di Atlantia, e le persone che vi lavorano, da accuse e sospetti “pesanti”. Lo fa dimostrandosi pronto a collaborare e dialogare con le autorità giudiziarie, così come con la politica. “Se nel caso di Autostrade sono stati commessi degli errori… verranno prese le decisioni che sarà giusto prendere – dice al giornalista-. Come azionisti abbiamo il compito di dare gli stimoli e indicare le linee guida per lo sviluppo e la crescita dell’azienda, per farla eccellere nelle sue attività, in tutti i campi, supportando il management, ma mai sostituendoci ad esso”.
Ricorda che negli anni ’90 lo Stato decise di privatizzare molte aziende a causa del debito pubblico, che metteva a rischio l’ingresso italiano nell’euro. Anche Autostrade per l’Italia fu messa sul mercato con un’asta pubblica. “Sottolineo pubblica. A cui chiunque poteva partecipare”, dice Benetton. Ma oltre ai suoi soci (Fondazione Crt, Generali, Unicredit, Abertis e Brisa) nessun altro “si fece vivo”. Nessun regalo del centrosinistra, quindi. Nemmeno riguardo le concessioni. “Quelle di Autostrade per l’Italia sono molto simili a quelle degli operatori del settore autostradale di tutto il resto del mondo”, dice. E soprattutto non hanno mai pagato nessuno. “Ricordo solo un caso in cui nel marzo 2006 il consiglio di Atlantia approvò la proposta del management affinché la società facesse un finanziamento pubblico a tutti. Sottolineo a tutti”.
Non gente “senza cuore”, come sosteneva il vicepremier Matteo Salvini, ma imprenditori dai grandi sogni e progetti. “Lavoreremo per continuare ad investire per la crescita sempre con un orizzonte di lungo termine, perché è nella natura dell’imprenditore costruire il futuro con umiltà e tenacia”.
Tra il fondatore del gruppo e il Governo non c’è stato ancora dialogo. “Per un confronto serve un clima costruttivo”, dice Benetton. Un clima che forse ci sarà in un prossimo futuro.
Ma le polemiche sulle vicende legate al disastro di Genova sono ancora roventi. Il ministro delle Infrastrutture Toninelli, che in Parlamento aveva denunciato “pressioni” per non pubblicare i documenti desecretati, è stato più esplicito in televisione: “L’Aiscat ha mandato i documenti al ministero dicendo di non pubblicarli, perché lo Stato sarebbe stato passibile del reato di aggiotaggio. Ma da cittadino sono felice che ci sono state persone che poi le hanno pubblicate”, ha detto Toninelli a In Onda su La7. Poi, dopo Aiscat, aggiunge un nuovo tassello alla vicenda: secondo il ministro, nel gruppo Gedi, proprietario di numerose testate come Repubblica, L’Espresso e La Stampa, ci sarebbe qualcuno che fa parte del cda di Atlantia, influenzando così il lavoro giornalistico. Il riferimento è a Monica Mondardini attuale ad di Cir e vicepresidente del gruppo Gedi. Secca la replica del direttore di Repubblica Mario Calabresi: “Non ha mai interferito nel lavoro dei giornalisti. Il ministro Toninelli dovrebbe imparare ad accettare le critiche che gli vengono mosse, nel nostro caso – spiega Calabresi – mosse da una sua oggettiva incapacità e inconcludenza, e smettere di alimentare sospetti infondati”.