Quaranta giorni tra gennaio e febbraio di deserti, coste oceaniche, parchi nazionali: le Ande, le pampas, villaggi sperduti e grandi città. Da Santiago del Cile a Buenos Aires. Una Go-Pro attaccata alla bicicletta e 4.000 km di pedalate. Jovanotti ha portato con sé un bagaglio essenziale, si è cibato di banane e altra frutta rimediata lungo il tragitto e nella completa solitudine ha intrapreso un viaggio di esplorazione avventuroso.
Tutto questo sarà mostrato nel docu-trip “Non voglio cambiare pianeta”, il risultato di un viaggio che ha portato Lorenzo Cherubini, in arte Jovanotti, a esplorare l’altra parte del mondo.
Le sessanta ore di girato che “dovevano servire per brevi filmati sui social o su Youtube”, come racconta il cantante in conferenza stampa su Zoom, sono poi diventate un progetto televisivo per RaiPlay.
“Non voglio cambiare pianeta”, titolo preso da un verso di Pablo Neruda, sarà disponibile dal 24 aprile, in sedici puntate di circa 15 minuti l’una. Ogni appuntamento avrà il titolo di una poesia, che lo stesso Jovanotti leggerà alla fine del video. “Difficile definire esattamente cos’è. Un docu-trip, un po’ psichedelico, che mescola sport, musica, viaggi ma che ha qualcosa da dire. Una fessura che fa vedere infinite possibilità” spiega.
Dopo i bagni di folla del Jova Beach Party, i concerti in spiaggia dell’anno scorso, Lorenzo Cherubini dice di essersi sentito “all’inizio di qualcosa”. “Ripartire dalla strada – racconta – è stato il primo pensiero per rimettermi in contatto con la mia parte più profonda. Viaggiare è la mia passione da sempre, anche prima della musica forse”.
Conclude con un’esortazione ai giovani: “leggete e viaggiate. Guardate film, ascoltate musica, viaggiate in tutti i sensi. Non accettate la verità per come vi viene data”.
L’amministrazione delegato Rai Fabrizio Salini, intervenuto in conferenza stampa, tiene a sottolineare come il progetto sia la dimostrazione che anche “in un periodo difficilissimo, la Rai non si è fermata. Avendo la capacità di mettere in campo, nuovi prodotti, nuovi contenuti, innovazione, sperimentazione. Caratteristiche che il servizio pubblico deve avere nel suo Dna. Non solo non ci siamo fermati, ma abbiamo quasi rilanciato”.