NEWS ANSA

Sito aggiornato alle 13:20 del 22 novembre 2024

HomePolitica “Non posso più pagare e votare su Rousseau perché ho lasciato il gruppo Cinque Stelle”

“Non posso pagare e votare
da quando ho lasciato
il gruppo dei Cinque Stelle”

Elena Fattori, senatrice, spiega

a Lumsanews come sono le restituzioni

di Mariacristina Ponti18 Febbraio 2020
18 Febbraio 2020

Un momento delle operazioni di voto attivate sulla piattaforma Rousseau per scegliere il Candidato Premier del MoVimento 5 Stelle e designando Capo della forza politica che depositer?? il programma elettorale sotto il simbolo del MoVimento 5 Stelle per le prossime elezioni, 21 settembre 2017. ANSA

Elena Fattori il 7 novembre dell’anno passato ha abbandonato definitivamente il gruppo del MoVimento 5 Stelle al senato e ha aderito al Gruppo Misto. Prima di allora, si era già levata molti sassolini dalle scarpe, criticando la linea politica, ma anche quella della piattaforma Rousseau. La senatrice ha criticato più di una volta il sistema delle rendicontazioni e dei fondi versati per il miglioramento del sito internet dell’Associazione.

Lei che era calata in quel mondo, mi può raccontare come avvenivano di fatto?

«Nella scorsa legislatura noi davamo la metà dello stipendio al conto statale della Banca d’Italia per il microcredito: un’istituzione diretta. In questa legislatura, dopo qualche mese da quando era iniziata, hanno deciso di fare un conto intermedio, intestato al Comitato per le restituzioni, i cui membri erano i due capigruppo e il capo politico Luigi Di Maio, quindi un conto dal quale sarebbero partiti i soldi per i vari enti, sia pubblici che privati».

A quanto ammontano le restituzioni? C’è una differenza rispetto al passato?

«La scorsa legislatura le restituzioni erano molto più importanti, nel senso che era un rendiconto puntuale, quindi quello che non veniva speso veniva restituito, perciò mediamente dai tremila ai quattromila euro; in questa, il meccanismo è diverso e si tratta di circa duemila euro al mese».

Al di là dei duemila euro al mese come rimborsi, tutti i parlamentari devono versare 300 euro per l’Associazione Rousseau. Per questa decisione c’è stata effettivamente una consultazione sulla piattaforma e tra voi oppure è una scelta assunta dal Comitato di garanzia senza consultare la base?

«No, era un prerequisito per la candidatura, quindi quello era del tutto legittimo perché ti impegnavi a finanziare la piattaforma Rousseau quando ti candidavi. Io ho sempre pagato. Quello che chiedevo era un rendiconto delle spese effettuate perché è vero che uno finanzia qualcosa, ma l’impegno era per l’implementazione della piattaforma, quindi a me sarebbe piaciuto capire in che modo venivano allocati, ma non ci sono mai riuscita. Sul conto intermedio, secondo il regolamento che si era dato il Comitato restituzioni e che non era stato condiviso con nessuno, il fondo cassa sarebbe andato all’Associazione Rousseau, quindi non solo i 300 euro. In quel conto lì, a fine dicembre, credo che ci fossero circa 5 milioni di euro. Per l’Associazione, secondo quanto previsto dal Codice etico, alla fine della legislatura, se tutto fosse andato in maniera ottimale, avremmo raccolto quasi 6 milioni di euro, è per questo che io avrei voluto capire come venivano utilizzati, perché poi questa piattaforma non è che fosse chissà cosa. Con una cifra del genere, in teoria si sarebbe dovuta costruire una piattaforma almeno come quella bancaria».

Poco meno di un mese fa, il Comitato per le rendicontazioni del MoVimento, costituito da Luigi Di Maio, Gianluca Perilli e Davide Crippa, sono corsi ai ripari: i conti residui non verranno più destinati a Rousseau ma al fondo per la microimprenditorialità. Cosa ne pensa di questa scelta?

«Questo è un bel risultato, dovuto a quelli come me che hanno protestato per una cosa molto grave, ovvero quella di destinare i soldi residui a un’associazione privata».

Dal sito tirendiconto.it si può vedere che lei dal mese di maggio, quindi cinque mesi prima di lasciare il MoVimento, non ha più versato un euro nelle casse di Rousseau. Come mai questa decisione?

«No, in realtà io avevo rendicontato tutto ma mi hanno espulso, quindi non ho avuto modo di terminare quello che era mio dovere fare. Anche volendo, io non potrei neanche più votare su Rousseau perché non ho accesso. Sono stata espulsa perché ho lasciato il gruppo parlamentare, ed è proprio quello che ho criticato al capogruppo: mi hanno espulso anche da tirendiconto e quindi, nonostante avessi finito le rendicontazioni, non ho potuto più accedere e versare i soldi».

Ha pagato la penale di 100 mila euro per aver abbandonato il gruppo parlamentare, secondo quanto previsto dal Codice etico?

«No, non mi hanno chiesto la penale».

Per quanto riguarda, invece, Davide Casaleggio: si è parlato molto spesso di conflitto di interessi per lui, essendo il presidente sia della Casaleggio Associati srl, sia della Associazione Rousseau, quali sono i problemi?

«Il conflitto di interessi non è un reato, prima di tutto. È ovviamente possibile conflitto di interessi, perché chi ha un’impresa privata e nello stesso tempo gestisce un partito (Casaleggio è uno dei fondatori del partito, ndr), non è opportuno che concili entrambe le cose: nel momento in cui lui lavora sulla blockchain o su questioni informatiche e il suo gruppo parlamentare ha un ministro che si occupa della digitalizzazione è una situazione poco opportuna. Se il conflitto c’è o non c’è, però, ce lo dirà il tempo».

Cosa ne pensa del MoVimento ora? Alle elezioni in Emilia-Romagna e Calabria, le percentuali di voto sono calate di parecchio: a cosa è dovuto, secondo lei?

«Era prevedibilissimo perché si è selezionata una classe dirigente non legittimata da nessuno che non è in grado di guidare il MoVimento».

Chi sostituirà Di Maio nel ruolo di capo del partito?

«A me interessa poco perché ormai quello che era un movimento e quindi doveva avere una base partecipata, una leadership partecipata si è trasformato in un partito personale e quindi, chiunque sarà, non sarà più il MoVimento 5 Stelle».

In quale corrente si inserisce? Se dovesse prevalere una certa linea, potrebbe pensare di tornare nel partito?

«Io sono fuori, non mi interessa più. Fin quando era un mondo partecipato, con un obiettivo di crescita culturale aveva un senso, adesso che è diventato un partito peggiore di altri non mi interessa».

Alessandro Di Battista vorrebbe tornare, però, al MoVimento delle origini.

«Di Battista è un personaggio simpaticissimo, mediatico, cresciuto e strutturato per comunicare, ma non apporterebbe nulla di nuovo al MoVimento in calo, perché comunque rappresenta la vecchia guardia. Se si vuole rinnovare, serve un nuovo movimento: bisogna tornare a una partecipazione. Questi personaggi che sono apparsi nella scorsa legislatura, che sono stati costruiti dalla comunicazione, per metterci la faccia, tra cui c’era Alessandro, non hanno lo spessore per diventare capi politici».

Ti potrebbe interessare

logo ansa
fondazione roma
Carlo Chianura
Direttore delle testate e dei laboratori
Fabio Zavattaro
Direttore scientifico
@Designed & Developed by Bedig