I dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità in occasione dei quindici anni della legge Sirchia mostrano un calo dei fumatori, in Italia, di circa un milione di persone, fino al 22% della popolazione, dal 2005 a oggi. Ma, al contempo, la percentuale di giovani fumatori rimane sopra la media. Abbiamo fatto il punto della situazione con Roberta Pacifici, dottoressa dirigente di ricerca proprio all’Iss.
Come commenta gli ultimi dati sul fumo fra i giovani?
«Dopo lo sprint dei primi anni della legge Sirchia, che aveva ridotto sensibilmente il numero di fumatori, da tempo siamo ormai in una situazione di stagnazione. Nel senso: per ogni adulto che smette di fumare, al termine generalmente di vent’anni di dipendenza dalla nicotina, c’è un giovane che inizia. Insomma: i ragazzi sono il polmone di riserva ‘dell’epidemia tabagista’, grazie a cui i grandi produttori di sigarette si garantiscono un mercato sicuro, in continuo rinnovamento. Per questo bisogna intervenire su di loro».
Quale può essere un metodo efficace?
«Due provvedimenti su tutti: aumentare la tassazione sul tabacco, che l’Organizzazione mondiale della sanità ha già provato come metodo dissuasivo efficace; e togliere dal commercio, come ha suggerito l’Unione Europea, i pacchetti – troppo economici – da dieci».
Ma la crescita delle alternative (tabacco trinciato, sigaretta elettronica) è una buona notizia?
«No, assolutamente. Il tabacco trinciato è dannoso, e innalzerei il prezzo anche su quello. Per la sigaretta elettronica il discorso è persino più complesso, perché è ancora più una questione di percezione distorta. Mi spiego: ha un design accattivante, ‘giovanile’, sembra ‘alla moda’ e ha tanti sponsor soprattutto fra i ragazzi. Così, finiamo col credere che sia poco o per niente nociva, ma – anche qui – erroneamente».
È una questione di comunicazione e messaggi, insomma.
«I media veicolano da sempre valori positivi – come forza, bellezza e fascino – associati alle sigarette, senza contare i tanti sponsor importanti e popolari del tabacco, che ora sono arrivati persino sui social. I grandi gruppi del tabagismo hanno trovato il modo di parlare ai ragazzi, si sono sintonizzati sui loro canali e così li invogliano a fumare. Noi, con le nostre campagne, evidentemente non riusciamo ancora a fare il contrario. Dobbiamo trovare il punto di contatto col mondo degli adolescenti, per metterli in guardia davvero nei confronti del pericolo del tabacco. Utilizzare lo stesso linguaggio dei giovani, magari sui social, dando voce ai volti a cui i ragazzi danno autorevolezza».