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HomeCronaca “Non esiste una cosa nostra del traffico di migranti, la tratta è un’altra cosa”

"Non esiste una Cosa nostra
del traffico di migranti
La tratta è un'altra cosa"

Il sociologo Maurizio Ambrosini

intervistato da Lumsanews

di Sofia Zuppa27 Marzo 2023
27 Marzo 2023

La differenza tra tratta di esseri umani e traffico di migranti è netta, spesso però i due termini vengono confusi e utilizzati per una narrazione distorta che permea l’informazione generale dei media. Il primo termine rimanda alla pratica della schiavitù, mentre il secondo si riferisce al trasporto di persone da un paese all’altro, realizzato solitamente con metodi illegali.

”Il business delle reti dei trafficanti è fornire alle persone un servizio di trasporto che non è disponibile sul mercato legale, perché esistono le politiche di chiusura che impediscono loro di poter comprare un biglietto e venire in Europa. Altra cosa è la tratta di esseri umani ai fini di sfruttamento”. Lo spiega nel dettaglio a Lumsanews Maurizio Ambrosini, sociologo esperto di processi migratori e professore di prima fascia di sociologia alla facoltà di Scienze Politiche, Economiche e Sociali dell’università degli Studi di Milano Statale.

È corretto dire che tratta di esseri umani e traffico di migranti spesso coincidono?

“Sono sbagliati entrambi i termini. Concettualmente con traffico di esseri umani si intende la pratica per cui dei favoreggiatori ingannano e costringono le persone a partire e le tengono sotto il loro controllo anche dopo che sono arrivate a destinazione. Altra cosa ancora è il favoreggiamento di immigrazione clandestina, che significa trasporto illegale. Le persone chiedono volontariamente di accedere ai servizi dei favoreggiatori, ma una volta arrivati a destinazione i trasportatori non le tengono più sotto il loro controllo, le lasciano libere”.

La differenza tra smuggling e trafficking…

“Il concetto di tratta evoca la schiavitù. Significa tenere le persone soggiogate e farle lavorare anche per tutta la vita. Infatti, si applica principalmente nel caso della prostituzione. Il traffico è un servizio di trasporto, certamente illegale ai sensi delle nostre norme, ma nelle comunità di migranti ha un’altra concezione. Le ricerche che conosco dicono che gli organizzatori, soprattutto se i viaggi hanno successo, godono di favore e di prestigio, sono considerati dei benefattori da parte dei migranti che hanno aiutato a raggiungere l’agognata sponda europea e chi è arrivato a destinazione consiglia il nome e i servizi dei trasportatori che li hanno traghettati”.

C’è una narrazione sbagliata?

È diffusa una narrazione che è finalizzata a incrementare e a sostenere la repressione del trasporto e quindi degli arrivi, un modo per alimentare il consenso verso le politiche di chiusura. Spesso viene usato come paravento il termine “schiavitù del Terzo Millennio” ma il problema dei governi è non far arrivare le persone che potrebbero chiedere asilo. Dato che non possono dire che non vogliono accogliere i richiedenti asilo, dicono che combattono il traffico. Dunque si deve fare uno sforzo di decostruzione delle categorie che vengono usate e che vengono utilizzate dalle istituzioni per innalzare sempre di più la soglia di allarme nei confronti dei favoreggiatori dell’immigrazione”.

Che ne pensa delle politiche di contrasto all’immigrazione clandestina?

“Penso che ogni paese stai gestendo il fenomeno in modo nazionalistico, cercando di buttare i rifugiati nel territorio del vicino, favorendo possibilmente il transito verso gli altri paesi o accogliendo meno persone possibili. L’Italia, se possibile, lascia transitare i migranti verso la Francia e la Francia tollera il loro passaggio verso il Regno Unito. Gli stati stanno applicando sempre più politiche restrittive, costruendo muri o facendo accordi con i paesi di transito”.

E gli scafisti?

I cosiddetti “scafisti” sono persone a volte della stessa nazionalità dei trasportati che hanno delle cognizioni nautiche o che semplicemente sono costretti dagli organizzatori a tenere la bussola, il telefono o ad assumere altri compiti. Così finiscono nei guai. Altre volte sono giovanissimi reclutati nelle città portuali della sponda sud del Mediterraneo. Ma che questi siano i boss del traffico è solo una supposizione. L’idea che siano i trafficanti quelli che si mettono alla guida delle barche e che rischiano la vita o l’arresto è senza fondamento, ma solo perché abbiamo bisogno di trovare dei colpevoli”.

Un trasporto illegale spesso visto come necessario da chi vuole scappare…

“Le persone si mettono nelle mani trafficanti perché non ci sono mezzi legali. I trasportatori poi usano mezzi inadeguati, li stipano di persone o non li fanno guidare da piloti esperti perché sanno che c’è la repressione e quindi le barche vengono sequestrate e i piloti vengono arrestati. È un circolo vizioso».

Come si differenziano le reti di trafficanti?

“Esistono reti diverse, alcune più strutturate, altre meno, altre volte addirittura sono dei singoli, che si occupano di trasportare da una parte all’altra di un confine i migranti. L’attività di favoreggiamento dell’immigrazione irregolare si segmenta in diversi tipi di attività. Per esempio, in Niger o nel sud della Libia ci sono quelli che vendono cibo o acqua, quelli che danno ospitalità durante il viaggio, quelli che fanno da vedetta se per caso arrivano le autorità di polizia a fare i controlli; poi ci sono quelli che guidano i mezzi, ci sono i cassieri e così via. Raramente ci sono grandi organizzazioni in gioco, di solito sono piccole reti che aiutano i migranti nelle tappe del percorso che da soli non riuscirebbero ad affrontare. Passano da un favoreggiatore all’altro e vanno avanti così, nella ricerca di mezzi per poter proseguire, talvolta anche per degli anni”.

Le grandi organizzazioni criminali si occupano del traffico dei migranti?

“Non è vero che ci sono grandi organizzazioni nel favoreggiamento dell’immigrazione, o se ci sono, sono quelle più potenti che fanno viaggiare meglio le persone, perché sono in grado di corrompere le autorità e di procurare documenti, visti e viaggi in aereo comodissimi, dunque servizi migliori. Noi stiamo parlando invece di piccole realtà semi artigianali che non sono collegate tra di loro in un’organizzazione unitaria. Questo è un altro fantasma diffuso. Il fatto che ci siano mafie così forti che facciano partire dai paesi di origine i migranti per farli arrivare qui e poi sfruttarli è un’idea che serve a criminalizzare gli spostamenti delle persone”.

Ma si occupano di tratta di esseri umani. Di quale settore in particolare?

“C’è un forte riscontro di organizzazioni criminali impegnate nello sfruttamento della prostituzione. Si tratta di organizzazioni più strutturate e transnazionali, soprattutto da quelle nigeriane, che spesso hanno dei collegamenti con gruppi nel paese di arrivo che hanno il fine di immetterli nel mercato dell’industria del sesso. Lo sfruttamento sessuale è solitamente gestito dalle potenti organizzazioni che hanno i soldi e che riescono a reclutare, trasportare e far arrivare le persone spesso in maniera legale con i visti turistici tramite viaggio in aereo, più comodo e sicuro. Sono anche in grado di corrompere le autorità. Chi finisce nel traffico della prostituzione arriva in modo legale, non necessariamente attraversa i deserti e il mare anche perché rischia di essere investimento perso. Se parliamo invece di coloro che arrivano in barca ci troviamo nell’ambito dei viaggi non organizzati e di operatori organizzati in maniera meno strutturata e gerarchicamente funzionante. Sono fenomeni che in parte e solo a volte si sovrappongono, ma più spesso sono distinti”.

Quindi esiste un’organizzazione verticistica, una “Cosa nostra” del traffico di migranti?

“No, non esiste”.

È vero che l’Italia è lasciata sola nella gestione dei flussi?

“I dati sulle richieste di asilo parlano chiaro. I rifugiati nel 2022 in Germania sono stati 217.000, in Francia 137.000, in Spagna 116.000, in Italia solo 77.000. Gli ingressi di persone che chiedono asilo non equivalgono agli sbarchi. Per esempio, il 15% di chi ha chiesto asilo è entrato nell’Unione Europea senza neanche il visto. La maggioranza entra legalmente e solo una minoranza entra in modo irregolare. Gli italiani continuano a ripetere che siamo il paese che riceve più migranti dalla sponda sud ma non è vero. È uscito un sondaggio pubblicato dal Sole 24 Ore dove emerge come il 30% degli italiani crede che il 50% degli immigrati sia arrivato dal mare in barca e un’altra 33% colloca la quota tra il 20 e il 50%. Gli arrivi in barca negli ultimi 10 anni hanno riguardato qualcosa come il 15% di immigrati che però in buona parte saranno poi proseguito attraversando le frontiere. Sono solo false informazioni che ci vengono ripetute continuamente. La quota di rifugiati sulla popolazione nell’Unione Europea è 6 per mille, in Italia 3,5”.

Come sono gestiti i centri di accoglienza?

“L’Italia ha un sistema complesso e inefficiente, con vari tipi di strutture all’insegna dell’emergenza. Il sistema principale dovrebbe essere il SAI, ma questo richiede la collaborazione dei comuni e solo 2.000 su 8.000 hanno accettato, così lo Stato ha dovuto istituire i CAS, i casi centri di accoglienza straordinaria, ma qui è entrato un po’ di tutto. Questi sono distribuiti su tutto il territorio nazionale in proporzione alla popolazione. Il sud è stato molto più attivo del nord perché ha capito che l’accoglienza dei rifugiati genera posti di lavoro per la popolazione del posto, soprattutto per le giovani donne istruite che hanno altrimenti serie difficoltà a trovare un lavoro dignitoso”.

Ci sono fenomeni di illegalità?

“A volte ci sono stati casi di infiltrazione della criminalità, ma in maniera isolata. Sono maggiori i casi di gestione inadeguata ma ci sono anche buone esperienze e competenze. Ritengo che il sistema dei media spesso abbia ingigantito il fenomeno, prendendo uno di questi casi per farlo diventare l’emblema di un sistema”.

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