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"Non alla diffidenza
sul Privato sociale.
Serve più sussidiarietà"

Il consigliere Paolo Ciani a Lumsanews

"Sui senza tetto servono progetti"

di Andrea Persili21 Ottobre 2021
21 Ottobre 2021

Consigliere regionale dal 2018 con Demos e neo-eletto consigliere comunale con Gualtieri, Paolo Ciani è un esponente tra i più longevi della Comunità di Sant’Egidio. Profondo conoscitore del mondo dei senza fissa dimora, spiega a Lumsanews che cosa non funziona nelle politiche sociali a favore dei senzatetto.

Consigliere, dalla sua esperienza nel sociale i senza fissa dimora sono una categoria unitaria?

“No, si tratta di una realtà complessa. È un piccolo microcosmo dove ci sono persone differenti con problemi molto diversi”.

Insomma è andata in pensione l’immagine un po’ stereotipata del clochard che lo fa per scelta…

“Assolutamente, per strada puoi incontrare persone che hanno perso il lavoro o avuto problemi familiari. Ci sono immigrati in difficoltà economica, ma anche uomini e donne con dipendenze da droghe o disagi psichici. Sono persone differenti, con problematiche molto diverse e che meriterebbero modalità di intervento differenziate. Purtroppo, questo non sempre è stato fatto. Gli interventi pubblici sono stati concepiti secondo una logica standard e emergenziale. Si parla di ‘emergenza caldo’ e ‘emergenza freddo’, ma la vita non è una emergenza”.

L’estate e l’inverno arrivano tutti gli anni, che emergenza è?

“Appunto. Occorre poi pensare che i centri di accoglienza e i rifugi notturni sono solo una parte del processo di aiuto.  La risposta da dare a una persona che finisce in strada deve essere più articolata.”

Reinserimento?

“Certo, non ci deve essere solo l’accoglienza, ma anche l’accompagnamento. Nel tempo l’offerta sociale è venuta meno. Si tratta di costruire spazi di maggiore presa in carico della vita, dove permanere più a lungo, socializzare e svolgere attività. Insomma, luoghi più simili ad una casa”.

Tipo il progetto Housing First di Sant’Egidio.

“Sì, è un progetto in corso proprio in questo periodo. I primi dati sono molto confortanti. I privati mettono a disposizione fondi per affittare case, c’è poi un percorso di inserimento abitativo accompagnato dal punto di vista sociale e nel giro di un anno e mezzo si cerca di far recuperare autonomia alle persone accolte.”

Il Comune può fare la differenza?

“Certo. Basti pensare agli anni passati. L’ex sindaco di Roma Walter Veltroni lanciò la Sala operativa sociale. Le stazioni della metro vennero aperte ai senza fissa dimora durante l’emergenza freddo. Di tanto in tanto sono stati fatti tentativi. Quello che bisogna evitare però sono gli spot e gli slogan”.

Le ruspe ad esempio.

“Esattamente, il problema deve essere risolto, ma non si può immaginare di farlo a colpi di sgomberi”

I privati non sono solo quelli che vogliono gli sgomberi, ci sono centinaia di volontari nelle associazioni d’aiuto.

“Su questo bisogna insistere. Serve un cambio di paradigma. L’Istituzione deve mettere a regime quello che fa l’associazionismo, che è molto più presente ed efficiente dell’amministrazione pubblica. Le associazioni conoscono le persone, le incontrano e le accompagnano”.

Non esistono soluzioni semplici per questioni complesse.

“Guardi, l’amministrazione pubblica dovrebbe fare la sua parte: trovare luoghi adeguati per l’accoglienza, continuare a far curare le persone uscite da percorsi di assistenza medica e avviare progetti di lavoro”.

Una rete di solidarietà fondata sul principio di sussidiarietà

“Sì, ma purtroppo in questi ultimi anni non sempre c’è stata la volontà di faticare per creare questa rete. Spesso il Comune ha accentrato, con un atteggiamento troppo guardingo nei confronti del mondo delle associazioni e del Terzo settore”.

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