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Nobel per la Pace 2023
all'attivista iraniana
Mohammadi detenuta a Evin

Condannata dal regime a 31 anni

Tra i candidati anche Zelensky

di Lorenzo Urbani06 Ottobre 2023
06 Ottobre 2023

Narges Mohammadi è la vincitrice del Premio Nobel per la Pace 2023 | Foto Ansa

OSLO – Il Premio Nobel per la Pace 2023 è stato assegnato a Narges Mohammadi, cittadina iraniana imprigionata dal regime “per la sua battaglia contro l’oppressione delle donne in Iran e per promuovere diritti umani e libertà per tutti”. La lotta di Mohammadi l’ha portata ad essere arrestata dal regime 13 volte con cinque condanne per un totale di 31 anni di carcere e 154 frustate. Mohammadi è tuttora detenuta nel carcere di Evin e il comitato del Nobel, durante il discorso di presentazione del vincitore, ha espresso l’auspicio che l’Iran rilasci l’attivista. Immediate le congratulazioni dall’Onu che in una nota ufficiale afferma che l’assegnazione del Premio all’attivista segna “un momento storico per la lotta per la libertà in Iran”. Della stessa opinione anche la famiglia di Narges.

I vincitori della scorsa edizione

L’anno scorso il Premio è andato all’attivista Ales Bialiatski e due organizzazioni umanitarie Memorial e Center for Civil Liberties, rispettivamente russa e ucraina per aver promosso il diritto di critica al potere nei loro Paesi e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini. “Hanno compiuto uno sforzo eccezionale per documentare i crimini di guerra, le violazioni dei diritti umani e l’abuso di potere. Insieme dimostrano l’importanza della società civile per la pace e la democrazia” scrivono dal comitato per il Nobel.

La short list dei candidati 2023

Tra i candidati dell’edizione 2023 spiccano i nomi del presidente ucraino Volodymyr Zelensky e del dissidente russo Alexey Navalny entrambi presenti anche l’anno scorso. Nella “short list” del Premio troviamo anche Mahbouba Seraj, che lotta per l’istruzione delle ragazze in Afghanistan. Altro pretendente era l’attivista uiguro Ilham Tohti, che sta scontando l’ergastolo in Cina con accuse legate al separatismo. Presente anche Greta Thunberg e il leader indigeno Raoni Metuktire, sostenitore della protezione dell’Amazzonia dalla deforestazione.

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