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La Svizzera non vuole rinunciare al nucleare

di Michela Eligiato28 Novembre 2016
28 Novembre 2016

A picture made available 27 November 2016 shows the nuclear power plant in Leibstadt, Switzerland, 10 April 2007. Swiss voters decide in a nationwide ballot on 27 November 2016, on the initiative launched by the Green party 'For an orderly exit from the nuclear power'. The initiative proposes the banning of construction of nuclear power plants and limiting to 45 years the use of existing ones. ANSA/STEFFEN SCHMIDT

Gli svizzeri non abbandoneranno il nucleare. Domenica i cittadini elvetici sono stati chiamati a votare per il referendum, promosso dai Verdi – per la progressiva dismissione delle centrali. In ben 20 cantoni hanno prevalso le ragioni del No, con il 54,2% di voti contrari.

Il governo aveva infatti il timore che i costi e che con un’uscita troppo rapida dal nucleare, l’elettricità sarebbe venuta a mancare e non sarebbe potuta essere sostituita con fonti rinnovabili ed ecologiche. Difatti, il Paese avrebbe dovuto importare energia dall’estero, anche dai paesi che la producono in centrali a carbone. Se a vincere fosse stato il “Sì”, tre dei cinque reattori in funzione nel paese sarebbero stati disattivati già nel 2017, gli altri due rispettivamente nel 2024 e nel 2029. Gli unici che si sono espressi a favore sono stati Basilea, Neuchâtel, Vaud, Ginevra e Giura.

La ministra dell’Energia Doris Leuthard si dichiara sollevata. La bocciatura infatti lascia al paese “il tempo necessario per trasformare progressivamente l’approvvigionamento elettrico e ampliare la rete”, ha affermato. Del resto, è stato lo stesso governo a fare una campagna contro il No. Dopo il disastro di Fukurama in Giappone, nel 2011, il Consiglio federale e il governo hanno discusso sull’uscita del nucleare. Ad oggi, il governo ha quindi proposto un abbandono graduale dell’atomo stabilendo che, una volta spente le centrali esistenti, non potranno essere sostituite da nuovi impianti nucleari.

L’iniziativa dei Verdi prevedeva lo spegnimento delle cinque centrali nucleari del Paese, che producono circa il 40% dell’energia elettrica, 45 anni dopo la loro messa in esercizio. Le centrali di Beznau 1 (attualmente la più vecchia al mondo) e 2, che si trovano nel cantone Argovia e quelle di Mühleberg, del cantone di Berna, avrebbero dovuto essere spente già nel 2017, invece quelle di Gösgen, nel cantone Soletta, e di Leibstadt, nell’Argovia, rispettivamente nel 2024 e nel 2029.
Anche la Francia si dice molto preoccupata a riguardo. Il Paese che ha fatto dello sviluppo dell’energia nucleare quasi una religione è in crisi.
Pierre-Franck Chevet, presidente dell’Asn, in una intervista a le Figaro afferma che lo “Scenario è peggiorato dal 2015, al momento ci sono 12 reattori che sono fermi o stanno per essere fermati per controlli”. Anche in questo caso, l’Asn vuole accertarsi che l’eccesso di carbonio scoperto nell’acciaio non alteri la capacità di resistenza meccanica dei generatori di vapore.
L’elettricità in Francia è garantita quasi al 78% dalle centrali nucleari, nonostante la legge sulla transizione energetica varata dal governo l’anno scorso fissa come obiettivo lo sviluppo di energie alternative.
Oltre ai timori per la sicurezza, lo stop di 12 su 58 reattori operativi potrebbe avere conseguenze sulle bollette dell’elettricità in Francia e forse anche in Italia.

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